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    Cosa dice il rapporto Mueller e qual è stato il ruolo di Trump nel Russiagate

    Di Laura Melissari
    Pubblicato il 19 Apr. 2019 alle 10:26 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 02:24

    Il tanto atteso rapporto Mueller è stato consegnato al Congresso americano nella giornata del 18 aprile 2019. La versione è piena di omissis e censure. Si tratta del rapporto che indaga il cosiddetto Russiagate, le interferenze del governo russo nella campagna elettorale di Donald Trump e la presunta ostruzione alla giustizia da parte di Trump.

    Il 23 marzo scorso il ministro della Giustizia William ne aveva diffuso una sintesi molto “morbida” che puntava tutto sull’innocenza di Trump.

    La versione integrale è molto meno “innocentista”, ma attesta che non vi sono prove sufficienti per parlare di collusione tra lo staff di Trump e il presidente russo Vladimir Putin.

    Robert Mueller è un magistrato ed ex capo dell’Fbi, che nei 22 mesi scorsi ha condotto un’indagine indipendente in veste di Special Counsel per fare luce sui contatti tra lo staff elettorale di Donald Trump e il governo russo, ai tempi della campagna elettorale per le presidenziali Usa del 2016.

    Il rapporto evidenzia che la Russia ha interferito con la campagna elettorale Usa per favorire Donald Trump e danneggiare Hillary Clinton.

    Secondo le conclusioni di Mueller, le prove raccolte però non bastano a configurare il reato di collusione con una potenza straniera, e che potrebbe portare all’impeachment, la messa in stato d’accusa del presidente statunitense. Pur essendoci stata una “convergenza di sforzi” da parte dello staff di Trump e del governo russo per non far vincere Hillary Clinton, non vi sono tuttavia prove di effettivi accordi tra statunitensi e russi. E di conseguenza non vi sono prove di violazione della legge.

    “Se avessimo fiducia che il presidente non commise ostruzione alla giustizia, lo diremmo. Non siamo in grado di arrivare a questa conclusione”, si legge nel rapporto.

    Secondo il rapporto Mueller, gli hacker russi hanno violato la banca dati informatica dei Democratici, ma non ci fu contatto diretto tra loro e i collaboratori di Trump. Fu Julian Assange di WikiLeaks a passare le mail rubate ai media e ai Repubblicani. La presenza dell’intermediario Assange ha fatto sì che non ci fosse dunque un accordo diretto tra i russi e lo staff di Trump.

    Trump in passato aveva negato che la Russia potesse aver violato le piattaforme informatiche dei Democratici, ma il rapporto Mueller appura che invece la violazione c’è stata.

    Il rapporto Mueller evidenzia anche come Trump abbia sabotato le indagini. Uno degli atti più eclatanti in questo senso fu il licenziamento dell’ex capo dell’Fbi James Comey e le pressioni sul Dipartimento di Giustizia per destituire lo stesso Mueller.

    Trump non ha testimoniato e questo è ciò che lo ha “salvato”. Pur avendo mentito, non lo ha mai fatto durante una deposizione ufficiale e quindi dietro giuramento. Per capire la questione basti pensare che ciò che mise nei guai Bill Clinton nell’affair Monica Lewinski, fu il fatto di aver mentito mentito sotto giuramento, come spiega Federico Rampini su Repubblica.

    Mueller non ha mai chiamato Trump a deporre, probabilmente per non prolungare la durata delle indagini.

    La palla adesso passa al Congresso, che potrà, oltre che sentire in audizione Mueller, decidere di andare avanti per indagare se Trump abbia o meno fatto ostruzione alla giustizia e di conseguenza un “uso corrotto del potere esecutivo”. Ciò è nei poteri del Congresso, che ha il dovere di vigilare sul governo, secondo quanto previsto dalla Costituzione, e come “suggerito” dallo stesso rapporto.

    Non è chiaro se il Congresso deciderà di andare avanti potenzialmente fino all’impeachment di Trump, ma i rischi per i Democratici sono grandi: “I moderati pensano che trasformare la Camera in un tribunale permanente sia un errore strategico, che darebbe a Trump il ruolo della vittima e scontenterebbe quegli elettori già stufi del Russiagate”, scrive ancora Rampini.

    Tutto questo si potrebbe dunque ritorcere contro la sinistra e finire per favorire Trump nella prossima campagna elettorale.

    Trump ha già “festeggiato” la pubblicazione del rapporto scrivendo: “Mi sto godendo una bella giornata. Niente collusione, niente ostruzione. Questa indagine-truffa non dovrebbe mai più accadere ai danni di un presidente. A chi mi odia e ai democratici della sinistra radicale: il gioco è finito”.

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