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    Putin e la corruzione Onu

    Secondo molti funzionari Onu la Russia per anni si è impegnata per ostacolare ogni riforma nella spesa delle Nazioni Unite

    Di Michele Teodori
    Pubblicato il 28 Giu. 2013 alle 11:46 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 20:15

    Il segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon e il presidente russo Putin si sono incontrati a maggio a Sochi, in Russia, per discutere della guerra civile in Siria, ma il leader del Cremlino avrebbe presto cambiato argomento per parlare di altro. Secondo alti funzionari dell’Onu, Putin ha fatto pressioni su Ban Ki Moon per ritirare una serie di riforme che avrebbero razionalizzato la spesa delle Nazioni Unite per miliardi di euro.

    Le pressioni su Ban Ki Moon sarebbero l’ultimo esempio di un’azione diplomatica di lungo periodo per proteggere la posizione commerciale russa presso le Nazioni Unite. Per gran parte degli ultimi dieci anni, la Russia si è sistematicamente impegnata nell’ostacolare gli sforzi finalizzati a sradicare la corruzione nel bilancio Onu bloccando le riforme interne volte al risparmio dei costi.

    Dalla fine della Guerra Fredda, gli imprenditori russi hanno avuto un enorme successo nel rifornire le agenzie delle Nazioni Unite con velivoli in eccedenza a basso costo. Le società russe ora rappresentano circa il 75 per cento di tutti i contratti di vendita per elicotteri, il segmento più redditizio del mercato multimiliardario di peacekeeping delle Nazioni Unite. Gli Stati Uniti e le potenze europee come la Germania, la Francia, l’Italia e la Spagna sostengono che il sistema di acquisto dei velivoli è truccato per favorire i prodotti russi.

    Nel 2006, una Task Force sugli appalti doveva esaminare le accuse di corruzione all’interno delle Nazioni Unite, ma la Russia ha energicamente respinto i piani per riformare le procedure di appalto, una minaccia diretta per i suoi interessi commerciali. Le capacità dell’Onu nell’eseguire controlli interni non sarebbero all’altezza delle aspettative, in particolare nel settore dell’aviazione.

    Intanto ieri Kadri Jamil, vice ministro per l’economia siriano, ha detto in un’intervista al Financial Times che Iran, Russia e Cina tengono finanziariamente in vita il governo di Assad. I tre principali alleati della Siria stanno sostenendo le transazioni finanziarie siriane consegnando 380 milioni di euro al mese in petrolio e prestando rial, rubli e yuan per battere le sanzioni occidentali che hanno affossato il valore della lira siriana. Jamil ha accusato Arabia Saudita, Stati Uniti e Gran Bretagna di aver orchestrato un complotto per minare la moneta locale.

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