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    “Minacce, pedinamenti e intimidazioni, ma non mi arrendo”: cosa vuol dire essere una producer tv donna in Afghanistan

    Di Bianca Senatore
    Pubblicato il 11 Giu. 2019 alle 14:05 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:40

    Informazione, intrattenimento? Comunicazione e parità di genere sul posto di lavoro? Vade-retro.

    Per i Talebani, che ancora tentano di controllare le cose in Afghanistan, sono un abominio, soprattutto se i programmi e le news sono in “occidental style”.

    Ma Whajiha Saidy non ha mai avuto nessuna intenzione di farsi influenzare dal clima di terrore e dalle minacce. Oggi, dopo tanta fatica e sacrifici, è una senior producer per Tolo Tv, una delle principali emittenti televisive dell’Afghanistan.

    In particolare, Wajiha è la responsabile della versione afgana dello show televisivo per bambini Sesami Street, Baghch-E-Sismim, un programma educativo che mira a insegnare ai bambini valori come l’istruzione e il rispetto per gli altri.

    La novità di questa stagione è l’arrivo, tra i personaggi, del primo muppet afgano: è una “femmina”, si chiama Zari, il cui nome significa “scintillante”, ed è una creatura immaginata e fortemente voluta da Wajiha.

    “Quando hanno deciso di appoggiare la mia idea pensavo fosse uno scherzo – ha raccontato la producer – perché erano mesi che mi battevo per quest’idea del pupazzo femminile, ma quando ho visto gli schizzi e il plot del copione ho realizzato che si stava compiendo una piccola rivoluzione”.

    Zari, infatti, è un personaggio che si rivolge direttamente alle bambine e con parole semplici e scenette divertente promuove i diritti delle donne.

    L’idea di Wajiha è stata accettata dal responsabile dell’emittente, un uomo, che ha capito l’importanza dell’esperimento educativo. In un Paese dove durante il regime talebano, tra il 1996 e il 2001, in Afghanistan le ragazze non avevano accesso all’istruzione, oggi c’è ancora un bassissimo tasso di alfabetizzazione femminile e le bambine tuttora crescono con l’idea che studiare non serva a nulla.

    Ma altre donne, invece, continuano a lottare per la propria emancipazione sul lavoro, anche in settori prima a loro totalmente vietati. E Tolo tv è un esempio.

    Il nuovo muppet, infatti, ed è stata questa l’altra richiesta esplicita di Wajiha, è animato da una donna in carne. Una novità dal momento che precedentemente, e in generale è così negli show televisivi afgani, le voci femminile sono doppiate da uomini e risultano, quindi, forzatamente addolcite, acute e stridule. Questa volta no. Per espresso ordine della produttrice, la marionetta è governata dalla ventitreenne Mansoora.

    “Sono molto soddisfatta del mio lavoro ma non è stato semplice, negli anni, far valere i miei diritti – ha raccontato Wajiha – Mi sono laureata in giornalismo all’Università Alberoni di Kapisa ma subito dopo aver discusso la mia tesi mi sono sentita persa e ho pensato di aver fatto un errore, perché nessuno mi dava credito. A quel tempo, soprattutto. Una donna laureata e per di più in giornalismo? Ma scherziamo….Poi un giorno ho visto un annuncio per un lavoro come produttore junior in Tolo TV. Ho fatto domanda e ho ottenuto il lavoro”.

    Da allora Wajiha di gavetta ne ha fatta tanta e sebbene sia sempre rimasta a Tolo Tv, un ambiente “illuminato” e moderno, non sono mancate difficoltà interne e ostacoli.

    Anche fuori dagli studi televisivi la carriera di Wajiha è stata intralciata da minacce anonime, seguite e pedinamenti e intimidazioni anche alla famiglia che, invece, l’ha sempre appoggiata. “Le avversità non mi spaventano”, ha sottolineato la producer.

    “Sono abbastanza forte da difendermi, non mi arrendo mai e faccio del mio meglio per non mai meno dei miei colleghi uomini. È uno sforzo triplo. Però amo il mio lavoro e lo farò fino alla morte. Oggi lavoro per i bambini ma di tanto in tanto produco anche altri spettacoli importanti, come lo SLFC, che è spettacolo di arti marziali afghane e molti altri spettacoli in studio e all’aperto”.

    L’Afghanistan sta faticosamente cercando di cambiare per il meglio. Le donne stanno lottando e hanno fatto molta strada ma c’è ancora tanto da lavorare.

    “Donne come me hanno fatto tanti sacrifici per un obiettivo importante e tutte noi faremo in modo di mantenere il nostro risultato, lottando per i nostri diritti”, ha aggiunto Wajiha. Oggi Wajiha è la responsabile di un intero settore e supervisiona altre quattro donne battagliere.

    La storia è la seconda puntata di una serie a cura di Bianca Senatore sulle donne afghane. Qui la prima: “Recito con gli uomini e per questo mi minacciano di morte”: storia di Mursal, giovane attrice afghana che lotta per l’emancipazione femminile

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