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    Il suicidio della più giovane condannata a morte americana

    Aveva 16 anni quando fu condannata a morte per l'omicidio di una insegnante. In seguito fu scarcerata. Paula Cooper si è suicidata all'età di 45 anni lo scorso 26 maggio

    Di Andrè Marcucci
    Pubblicato il 28 Mag. 2015 alle 18:38 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 08:03

    Paula Cooper è stata la condannata a morte più giovane degli Stati Uniti: aveva 16 anni quando, nel 1986, fu condannata a morte per l’omicidio di una insegnante di 78 anni, Ruth Pelke, uccisa con 33 colpi di coltello.

    Il 26 maggio scorso la donna, di 45 anni, è stata trovata suicida nella sua abitazione di Angola Court, uno dei quartieri più degradati di Indianapolis, negli Stati Uniti, dove viveva dopo la scarcerazione in libertà provvisoria. 

    La sua condanna a morte scatenò un uragano di polemiche tra attivisti per i diritti umani negli Stati Uniti e in Europa – compresa l’Italia dove si attivarono il partito Radicale italiano e l’associazione Nessuno tocchi Caino – fino a spingere Papa Giovanni Paolo II a inviare un emissario personale al governatore dell’Indiana affinché le risparmiasse la vita.

    Bill Pelke, nipote dell’insegnante uccisa – divenuto uno dei più convinti attivisti dell’abolizione della pena capitale -, oltre a essere stato il primo a perdonare l’assassina della nonna, fu l’unico a sostenerla mentre era in carcere.

    La incoraggiò a studiare, ad andare avanti, a essere una detenuta modello. Durante gli anni in carcere, Cooper riuscì a completare una laurea quadriennale in letteratura inglese.

    La sua pena fu commutata a sessant’anni di reclusione, ma la buona condotta di Cooper convinse la corte suprema dell’Indiana a un ulteriore sconto della pena. Nell’estate del 2013, dopo 28 anni in carcere, Cooper rivide la luce.

    “Sapeva di aver fatto qualcosa di terribile per la società”, ha detto Bill Pelke, l’ultimo che andò a trovarla prima della scarcerazione. “Ma allo stesso tempo voleva liberarsi di questa macchia aiutando i giovani a non commettere gli stessi sbagli che aveva commesso lei”.

    Uscita di prigione, Cooper non si fece più vedere né sentire. Nessuno, salvo l’agente incaricato di controllare i suoi spostamenti, aveva ricevuto sue notizie fino al ritrovamento della settimana scorsa.

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