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    Paradise lost

    Un’inchiesta storica mette a nudo il party dell’evasione globale. Esponendo i truffatori che popolano l’universo offshore

    Di Giulio Alibrandi
    Pubblicato il 5 Apr. 2013 alle 11:57 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 11:45

    Una gigantesca inchiesta guidata dall’Icij (International Consortium of Investigative Journalists), un gruppo di giornalisti investigativi con sede a Washington, ha svelato l’identità di migliaia di evasori sparsi in tutto il mondo e a tutti i livelli, che detengono fondi in paradisi fiscali come le Isole Vergini britanniche e le Isole Cayman. L’indagine, senza precedenti per dimensioni e portata, rischia di mettere a repentaglio le stesse garanzie di anonimato e segretezza su cui la galassia offshore ha basato il proprio successo, tanto da attrarre negli ultimi decenni una porzione significativa della ricchezza mondiale.

    Tutto è partito da un hard-disk contenente 2,5 milioni di documenti ottenuto dall’Icij indagando in uno scandalo australiano. L’incredibile mole d’informazioni copre 30 anni di operazioni finanziarie e spazia su 170 Paesi diversi. I dati raccolti hanno dimensioni, misurate in gigabyte, 160 volte maggiori rispetto ai cablogrammi della diplomazia americana diffusi da Wikileaks nel 2010. Infatti, per gestire e analizzarli è stata necessaria la collaborazione di 86 giornalisti da 46 Paesi e di 38 testate, tra cui The Guardian, Le Monde , il Washington Post e il Süddeutsche Zeitung.

    L’indagine racconta innumerevoli storie di corruzione ed evasione che vedono protagonisti uomini politici, miliardari e trafficanti. Tra quelle che stanno ricevendo più attenzione si trova la vicenda di Jean-Jacques Augier, il tesoriere della campagna elettorale di Hollande che ha utilizzato una società con sede nelle Cayman per investire in Cina: uno scandalo che fa il paio con quello che recentemente ha travolto l’ex ministro al Bilancio socialista Cahuzac, che aveva mentito riguardo l’esistenza di un conto svizzero intestato a sé.

    Uno dei politici più potenti della Mongolia, Bayarstogt Sangajav, vicepresidente del Parlamento ed ex ministro del Tesoro, ha annunciato le sue dimissioni dopo che l’indagine dell’Icij ha accertato l’esistenza di un suo conto aperto in Svizzera. In Azerbaijan, è emerso che i familiari del controverso presidente Ilham Aliyev hanno controllato in passato società offshore, celandone l’effettiva proprietà. Uno dei maggiori collezionisti d’arte al mondo, la spagnola Carmen Thyssen-Bornemisza (vedova del magnate dell’acciaio) possiede capolavori di maestri come Van Gogh, Monet e Matisse anche tramite una società con sede nelle isole Cook. Una pratica, quella di utilizzare società offshore per acquistare opere d’arte, che risulta essere estremamente usuale.

    Le ricerche dei giornalisti chiamati a raccolta dall’Icij mostra come la riservatezza dei conti offshore sia una risorsa inestimabile per truffatori e personalità alla Madoff, come dimostra la storia opaca di Moris Beracha, finanziere venezuelano vicino al governo Chavez, in grado di causare perdite anche nel fondo pensione della compagnia petrolifera di Stato (la Pdvsa) grazie a uno schema Ponzi che sfruttava una rete intricata di società e conti offshore.

    Secondo uno studio di James Henry, ex capo economista di McKinsey, si stima che la ricchezza custodita nei paradisi fiscali sia compresa tra 16 e 25 mila miliardi di euro (o se si preferisce, trilioni), un valore astronomico pari all’incirca alla somma dei Pil degli Stati Uniti e del Giappone. Ricchezze simili possono essere manovrate solo grazie a efficienti organizzazioni private. Infatti, alcune tra le maggiori banche al mondo, tra cui Deutsche Bank, Ubs e Credit Suisse, sono coinvolte in quest’inchiesta per aver agevolato operazioni finanziarie in Paesi che garantivano l’anonimato e la segretezza per i propri clienti.

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