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    Il viaggio storico del Papa in Iraq: “Tacciano le armi ovunque, basta violenze”

    Credit Image: © Ismael Adnan/SOPA Images via ZUMA Wire

    È il primo viaggio internazionale dallo scoppio della pandemia e Francesco è il primo pontefice a toccare la terra di Abramo. "Vengo come pellegrino di Pace per implorare riconciliazione dopo anni di guerra e terrorismo", dice il Papa in un videomessaggio rivolto al popolo iracheno alla vigilia della partenza. "Il popolo iracheno ci aspetta. Aspettava San Giovanni Paolo II quando è stato vietato di andare: non si può deludere un popolo per la seconda volta", dice Bergoglio

    Di Clarissa Valia
    Pubblicato il 5 Mar. 2021 alle 09:54 Aggiornato il 5 Mar. 2021 alle 14:47

    Papa Francesco in Iraq: “Tacciano le armi in Iraq e ovunque, basta violenze”

    È iniziato oggi lo storico viaggio di Papa Francesco in Iraq. Si tratta della prima visita papale nel Paese e del primo viaggio internazionale del pontefice dopo lo scoppio della pandemia di Covid-19. “Vengo come pellegrino per incoraggiare” la comunità cattolica irachena nella sua “testimonianza di fede, speranza e carità in mezzo alla società irachena”, ha detto Papa Francesco nell’incontro con le autorità civili e religiose dell’Iraq. “Saluto i membri delle altre Chiese e Comunità ecclesiali cristiane, gli aderenti all’Islam e i rappresentanti di altre tradizioni religiose. Dio ci conceda di camminare insieme, come fratelli e sorelle, nella forte convinzione che i veri insegnamenti delle religioni invitano a restare ancorati ai valori della pace, della reciproca conoscenza, della fratellanza umana e della convivenza comune”.

    “La mia visita avviene nel tempo in cui il mondo intero sta cercando di uscire dalla crisi della pandemia da Covid-19, che non ha solo colpito la salute di tante persone, ma ha anche provocato il deterioramento di condizioni sociali ed economiche già segnate da fragilità e instabilità”, ha aggiunto il pontefice. “Questa crisi richiede sforzi comuni da parte di ciascuno per fare i tanti passi necessari, tra cui un’equa distribuzione dei vaccini per tutti. Ma non basta: questa crisi è soprattutto un appello a «ripensare i nostri stili di vita  il senso della nostra esistenza. Si tratta di uscire da questo tempo di prova migliori di come eravamo prima; di costruire il futuro più su quanto ci unisce che su quanto ci divide”.

    “Negli scorsi decenni”, ha ricordato il Papa, “l’Iraq ha patito i disastri delle guerre, il flagello del terrorismo e conflitti settari spesso basati su un fondamentalismo che non può accettare la pacifica coesistenza di vari gruppi etnici e religiosi, di idee e culture diverse. Tutto ciò ha portato morte, distruzione, macerie tuttora visibili, e non solo a livello materiale: i danni sono ancora più profondi se si pensa alle ferite dei cuori di tante persone e comunità, che avranno bisogno di anni per guarire. E qui, tra i tanti che hanno sofferto, non posso non ricordare gli yazidi, vittime innocenti di insensata e disumana barbarie, perseguitati e uccisi a motivo della loro appartenenza religiosa, e la cui stessa identità e sopravvivenza è stata messa a rischio”.

    “Solo se riusciamo a guardarci tra noi, con le nostre differenze, come membri della stessa famiglia umana, possiamo avviare un effettivo processo di ricostruzione e lasciare alle future generazioni un mondo migliore, più giusto e più umano. A questo riguardo, la diversità religiosa, culturale ed etnica, che ha caratterizzato la società irachena per millenni, è una preziosa risorsa a cui attingere, non un ostacolo da eliminare. Oggi l’Iraq è chiamato a mostrare a tutti, specialmente in Medio Oriente, che le differenze, anziché dar luogo a conflitti, devono cooperare in armonia nella vita civile”.

    “La Santa Sede, in Iraq come altrove, non si stanca di appellarsi alle autorità competenti perché concedano a tutte le comunità religiose riconoscimento, rispetto, diritti e protezione. Apprezzo gli sforzi già intrapresi in questo senso e unisco la mia voce a quella degli uomini e delle donne di buona volontà affinché essi proseguano a beneficio del Paese”.

    “È necessario contrastare la piaga della corruzione, gli abusi di potere e l’illegalità, ma non è sufficiente. Occorre nello stesso tempo edificare la giustizia, far crescere l’onestà, la trasparenza e rafforzare le istituzioni a ciò preposte. In tal modo può crescere la stabilità e svilupparsi una politica sana, capace di offrire a tutti, specialmente ai giovani – così numerosi in questo Paese – , la speranza di un avvenire migliore”.

    “Vengo come penitente che chiede perdono al Cielo e ai fratelli per tante distruzioni e crudeltà. Vengo come pellegrino di pace, in nome di Cristo, Principe della Pace. Quanto abbiamo pregato, in questi anni, per la pace in Iraq! San Giovanni Paolo II non ha risparmiato iniziative, e soprattutto ha offerto preghiere e sofferenze per questo. E Dio ascolta, ascolta sempre! Sta a noi ascoltare Lui, camminare nelle sue vie”, ha detto Bergoglio. “Tacciano le armi! Se ne limiti la diffusione, qui e ovunque! Cessino gli interessi di parte, quegli interessi esterni che si disinteressano della popolazione locale. Si dia voce ai costruttori, agli artigiani della pace! Ai piccoli, ai poveri, alla gente semplice, che vuole vivere, lavorare, pregare in pace. Basta violenze, estremismi, fazioni, intolleranze! Si dia spazio a tutti i cittadini che vogliono costruire insieme questo Paese, nel dialogo, nel confronto franco e sincero, costruttivo; a chi si impegna per la riconciliazione e, per il bene comune, è disposto a mettere da parte i propri interessi”.

    Il viaggio di Papa Francesco in Iraq

    Papa Francesco è partito per il 33esimo viaggio internazionale in Iraq. È il primo dallo scoppio della pandemia e quella in Iraq è la prima visita papale del Paese. L’aereo, un Airbus A330, è decollato alle 7.45 dall’aeroporto Leonardo Da Vinci di Roma ed è atterrato alle 11,57 italiane all’aeroporto di Bagdad. Il Papa ha lasciato Roma con un volo covid-free. “È stato applicato uno speciale protocollo sanitario“, assicurano dalla compagnia Alitalia. All’aeroporto è accolto dal premier iracheno Mustafa Al-Kadhimi. Verso sera incontrerà vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi nella cattedrale siro-cattolica di “Nostra Signora della Salvezza”, dove 52 cristiani e la polizia sono stati uccisi in un attacco da jihadisti di un gruppo precursore dell’Isis nel 2010.

    Domani Papa Francesco volerà a Najaf, il cuore dell’islam sciita, dov’è sepolto l’imam Ali, cugino e genero di Maometto e qui incontrerà il grande ayatollah Sayyid Ali Al-Sistani. Il viaggio di quattro giorni ha lo scopo di rassicurare la comunità cristiana in declino dell’Iraq e promuovere il dialogo interreligioso.

    Durante i quattro giorni di soggiorno in Iraq, saranno sette in totale i discorsi pronunciati da Bergoglio. Il suo rientro in Italia è previsto per lunedì 8 marzo, in tarda mattinata, all’aeroporto militare di Roma Ciampino. “Nel momento in cui lascio Roma per recarmi in Iraq pellegrino di pace e di fraternità tra i popoli, mi è gradito rivolgere a lei signor Presidente il mio deferente saluto che accompagno con fervidi auspici di serenità e prosperità per il caro popolo italiano”. Lo dice Papa Francesco nel telegramma al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, mentre il pontefice lascia in volo l’Italia per il suo viaggio apostolico in Iraq.

    Un viaggio storico

    Il Papa vola in Iraq per un viaggio storico, incontrerà il religioso musulmano sciita più venerato del Paese, reciterà una preghiera a Mosul e domenica 7 marzo celebrerà la messa nello stadio di Erbil, in Kurdistan, l’unico appuntamento con più persone, circa 10mila. Bergoglio ha fortemente desiderato questo viaggio che ora realizza sfidando pandemia e sicurezza. Circa 10mila membri del personale delle forze di sicurezza irachene saranno dispiegati per proteggere il Papa, mentre viene imposto anche il coprifuoco 24 ore su 24 per limitare la diffusione del Covid.

    “Finalmente sarò tra voi. Desidero tanto incontrarvi, vedere i vostri volti, visitare la vostra terra, antica e straordinaria culla di civiltà”, ha detto in un videomessaggio al popolo iracheno a poche ore dalla partenza. Una visita all’insegna della pace e della speranza. Un viaggio pastorale ma anche politico. “Vengo come pellegrino penitente per implorare dal Signore perdono e riconciliazione dopo anni di guerra e di terrorismo – sono le parole del Pontefice -, per chiedere a Dio la consolazione dei cuori e la guarigione delle ferite”.

    Ai cristiani, che hanno sofferto in questa terra una dura persecuzione per mano dell’Isis il Papa dice che vuole portare loro “la carezza della Chiesa“. E nella terra di Abramo, il padre di tutte le religioni monoteiste, Papa Francesco rilancia la via del dialogo: “In questi tempi duri di pandemia, aiutiamoci a rafforzare la fraternità, per edificare insieme un futuro di pace. Insieme, fratelli e sorelle di ogni tradizione religiosa. Da voi, millenni fa, Abramo incominciò il suo cammino. Oggi sta a noi continuarlo, con lo stesso spirito, percorrendo insieme le vie della pace!”.

    Una “visita storica“: con queste parole il governo iracheno annuncia l’arrivo di Papa Francesco. Il presidente della Repubblica Barham Salih ha affermato che la visita contribuirà a rafforzare i valori di tolleranza e pace a livello globale, non solo in Iraq, aggiungendo che “il viaggio di Papa Francesco in Mesopotamia sarà un messaggio di pace per gli iracheni di tutte le religioni e contribuirà ad affermare i nostri valori comuni di giustizia e dignità”.

    Il Primo Ministro Mustafa Al-Kadhimi ha affermato che la visita del Papa contribuirà a consolidare la stabilità e aiuterà a promuovere uno spirito di fratellanza in Iraq e in tutta la regione; “il mondo intero apprezza la dedizione di Sua Santità per i valori della pace, della dignità e per porre fine ai conflitti”, sottolinea il governo di Baghdad.

    Papa in Iraq: “Non li deluderò una seconda volta”. Ci provò anche Giovanni Paolo II

    Il Papa ha detto che i cristiani iracheni non possono restare “delusi per la seconda volta“, ha detto Bergoglio ricordando il viaggio cancellato, per motivi di sicurezza, da Giovanni Paolo II che proprio nella terra di Abramo voleva aprire il Grande Giubileo del 2000. “Il popolo iracheno ci aspetta. Aspettava S.Giovanni Paolo II quando è stato vietato di andare: non si può deludere un popolo per la seconda volta”, dice Bergoglio.

    Nei due decenni successivi, in Iraq, una delle più antiche comunità cristiane del mondo ha visto il suo numero precipitare da 1,4 milioni a circa 250mila. Molti sono fuggiti all’estero per sfuggire alla violenza di matrice religiosa che ha afflitto il paese dall’invasione guidata dagli Stati Uniti nel 2003 che ha estromesso Saddam Hussein.

    Decine di migliaia sono stati anche sfollati quando i militanti dello Stato Islamico (Isis) hanno invaso l’Iraq settentrionale nel 2014, distruggendo le loro chiese storiche, sequestrando le loro proprietà e dando loro la possibilità di pagare una tassa, convertirsi, andarsene o affrontare la morte.

    Cosa spera di ottenere il Papa dal suo viaggio in Iraq

    Il capo della Chiesa Cattolica vuole incoraggiare i cristiani perseguitati e invocare la pace negli incontri con leader politici e altri leader religiosi. Rivolgendosi al popolo iracheno in un videomessaggio alla vigilia del suo viaggio, Papa Francesco ha detto che stava “venendo come pellegrino, come pellegrino penitente, per implorare dal Signore perdono e riconciliazione dopo anni di guerra e terrorismo, per chiedere a Dio la consolazione dei cuori e la guarigione delle ferite”.

    Ha proseguito: “Vengo in mezzo a voi anche come pellegrino di pace in cerca di fraternità e spinto dal desiderio di pregare insieme e di camminare insieme, anche con i nostri fratelli e sorelle di altre tradizioni religiose, sui passi di Padre Abramo, che unisce in un’unica famiglia musulmani, ebrei e cristiani”. Il Papa ha detto ai cristiani iracheni: “Voglio portarvi la carezza affettuosa di tutta la Chiesa, che è vicina a voi e al Medio Oriente dilaniato dalla guerra, e vi incoraggia ad andare avanti”.

    Chi sono i cristiani iracheni?

    I cristiani dell’Iraq sono considerati una delle più antiche comunità di credenti in Cristo presenti continuativamente in un paese del mondo. I cristiani iracheni hanno abbracciato il cristianesimo nel I secolo d.C.

    I cristiani in Iraq sono passati da 1,4 milioni a circa 250mila. La comunità più numerosa vive nella pianura di Ninive e nella regione del Kurdistan, nel nord del paese. Circa il 67% di questi sono cattolici caldei, la cui chiesa di rito orientale conserva la propria liturgia e tradizioni ma riconosce l’autorità del papa a Roma. Un altro 20% sono membri della Chiesa assira d’Oriente, ritenuta la più antica dell’Iraq. Gli altri sono siro-ortodossi, siriaci cattolici, armeni cattolici, armeni apostolici, nonché anglicani, evangelici e altri protestanti.

    Sciiti e sunniti in Iraq

    Per molto tempo, la maggioranza sciita del Paese è stata oppressa dal regime sunnita in Iraq, dove si trovano la maggior parte dei luoghi sacri per i musulmani sciiti. Dopo la caduta del regime di Saddam Hussein nel 2003, sono saliti al potere gli sciiti e hanno cominciato a prendere di mira la comunità sunnita, torturata e perseguitata con squadroni della morte. In risposta alla crescente violenza nei loro confronti, i sunniti hanno organizzato diversi attacchi suicidi e attentati. La guerra civile non ha fatto che esasperare gli atteggiamenti nazionalistici degli sciiti al potere e ha in gran parte contribuito al rafforzamento del gruppo militante sunnita dell’Isis.

    Leggi anche: Papa Francesco ha ricevuto il presidente dell’Iraq Barham Saleh | VIDEO

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