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    L’Onu chiede la fine della ”impunità” per le violenze della polizia contro i neri

    Manifestanti partecipano a una marcia contro il razzismo a Minneapolis, in Minnesota, il 7 marzo 2021, il giorno prima dell'inizio del processo per l'omicidio di George Floyd, in cui è stato condannato l'ex agente della polizia di Minneapolis Derek Chauvin. Credit: Chandan Khanna/AFP
    Di Giulio Alibrandi
    Pubblicato il 28 Giu. 2021 alle 20:23

    L’Onu chiede la fine della ”impunità” per le violenze della polizia contro i neri

    Gli agenti di polizia rispondono solo “raramente” delle violazioni dei diritti umani e dei reati commessi contro persone di origine africana in tutto il mondo. Lo affermano le Nazioni Unite in un rapporto sul razzismo sistemico, chiedendo di porre fine “all’impunità” delle forze dell’ordine e di riparare ai torti subiti alle persone di origine africana.

    “Chiedo a tutti gli Stati di smettere di negare e di iniziare a smantellare il razzismo” ha detto oggi l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Michelle Bachelet, presentando il rapporto commissionato l’anno scorso dopo l’uccisione di George Floyd da parte di un agente di polizia. Bachelet, che ha definito la situazione “insostenibile”, ha chiesto di affrontare le eredità del passato risarcendo le persone di origine africana.

    Secondo Bachelet, le conseguenze della schiavitù, del commercio transatlantico di schiavi africani e del colonialismo non dovrebbero essere solo risarcite economicamente, ma anche tramite altre azioni quali restituzioni, commemorazioni, riforme all’istruzione, il riconoscimento delle ingiustizie e la “garanzia” che queste ingiustizie non si verifichino più.

    Il rapporto dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani prende in considerazione 190 decessi di persone di origine africana avvenuti in tutto il mondo durante o a seguito del contatto con le forze dell’ordine, soffermandosi in particolare su 7 casi: quelli di Luana Barbosa dos Reis Santos e João Pedro Matos Pinto (Brasile), George Floyd e Breonna Taylor (Stati Uniti), Kevin Clarke (Regno Unito), Janner (Hanner) García Palomino (Colombia) e Adama Traoré (Francia).

    “L’analisi dell’Alto Commissariato di 190 decessi ha dimostrato che gli agenti delle forze dell’ordine sono raramente ritenuti responsabili per violazioni dei diritti umani e reati commessi contro persone di origine africana, in parte a causa di indagini inadeguate, l’assenza di meccanismi di vigilanza, denuncia e controllo indipendenti e robusti e una diffusa ‘presunzione di colpa’ nei confronti delle persone di origine africana”, afferma il rapporto, basato su consultazioni online con oltre 340 individui, la maggior parte dei quali di origine africana, oltre 110 contributi scritti, anche dagli Stati, consultazioni con esperti e una rassegna di materiale disponibile al pubblico.

    L’analisi fa emergere tre contesti chiave in cui si è verificato l’85 percento dei decessi associati all’azione della polizia. Il primo è l’intervento delle forze dell’ordine per infrazioni minori, fermi stradali e perquisizioni, come nel caso della morte di Luana Barbosa dos Reis Santos (Brasile), George Floyd (Stati Uniti) e Adama Traoré (Francia). Il secondo è l’intervento della polizia per prestare primo soccorso in casi di urgenze psichiatriche come nel caso di Kevin Clarke (Regno Unito). L’ultimo contesto chiave che viene citato è lo svolgimento di operazioni speciali di polizia nel contesto della ‘guerra alla droga’ o operazioni legate al crimine organizzato, come nel caso di Breonna Taylor (Stati Uniti) e Janner (Hanner) García Palomino (Colombia) e João Pedro Matos Pinto (Brasile).

    “In molti dei casi esaminati, le informazioni condivise indicano che le vittime non sembravano rappresentare una minaccia imminente di morte o lesioni gravi per le forze dell’ordine o per il pubblico, tale da giustificare il livello di forza utilizzato”, afferma il rapporto di 23 pagine, accompagnato da uno studio di 95 pagine.

    Bachelet ha invocato “un approccio trasformativo” per affrontare le questioni interconnesse che provocano il razzismo “e portano a tragedie ripetute, del tutto evitabili, come la morte di George Floyd”. Il razzismo sistemico ha bisogno di una risposta sistemica”, ha detto.

    Il rapporto afferma che l’attivismo è “cruciale per promuovere idee e obiettivi ambiziosi nel pubblico dominio come un modo costruttivo per influenzare il cambiamento”, denunciando la repressione delle proteste antirazziste che si è verificata in alcuni paesi. Secondo l’Alto commissariato, questa “deve essere vista in un contesto più ampio in cui in cui le persone che si oppongono al razzismo subiscono rappresaglie, comprese molestie, intimidazioni e talvolta violenza”.

    “Le voci di coloro che cercano giustizia razziale e uguaglianza per le persone di origine africana devono essere ascoltate e seguite”, afferma il rapporto.

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