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    La 21enne che cambiò il mondo del giornalismo

    Elizabeth Cochran si presentò nell'ufficio di Pulitzer al The New York World per farsi assumere e lo convinse a finanziarle il giro del mondo come reporter

    Di TPI
    Pubblicato il 27 Dic. 2016 alle 14:37 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 02:15

    Dopo aver letto sul quotidiano americano Pittsburgh Dispatch, nel 1885, un articolo misogino intitolato “A cosa servono le ragazze”, nel quale un editorialista sanciva che il compito delle donne fosse solo quello di cucire, cucinare e accudire i figli, la giovanissima Elizabeth Cochran scrisse una lettera di protesta all’allora direttore, firmandosi con uno pseudonimo. Le sue parole suscitarono un effetto tale nel destinatario che il direttore volle appunto conoscere di persona la misteriosa autrice.

    Dopo l’incontro, offrì un posto di lavoro alla giovane Cochran e le consigliò di firmarsi con lo pseudonimo di Nellie Bly, poiché al tempo il giornalista era un mestiere sconveniente per le donne. Inizialmente la giovane promessa si occupò di indagare sulla condizione delle donne nelle fabbriche, sul lavoro minorile e sulla sicurezza sul lavoro, facendosi subito conoscere.

    Il mondo dell’industria minacciò di far chiudere il giornale se la redazione avesse continuato a pubblicare le scomode inchieste della giornalista. Per questo motivo, Elizabeth venne spostata in un’altra sezione, nelle quale doveva limitarsi a scrivere di moda e società. Non contenta, Cochran si fece spostare nel gruppo dei corrispondenti esteri, partì per il Messico e iniziò a scrivere da lì di povertà e corruzione.

    Un articolo sulla storia di un giornalista messicano imprigionato per aver criticato il governo locale fu la causa della sua deportazione negli Stati Uniti. Non appena rientrata, la giovane decise di lasciare il giornale e di trasferirsi a New York per fare carriera come giornalista, scrivendo solo degli argomenti che più le interessavano. Ed è nella Grande Mela che diventò una pioniera del giornalismo investigativo.

    Dopo qualche mese si presentò nella redazione di New York World e il direttore, il grande giornalista Joseph Pulitzer, le affidò subito una nuova inchiesta. Cochran avrebbe dovuto fingersi pazza e farsi ricoverare in un ospedale psichiatrico femminile per scoprire come venivano davvero trattate le donne all’interno di queste strutture.

    Cochran riuscì a entrare nel manicomio di Blackwell Island e si accorse immediatamente di come le pazienti venivano effettivamente maltrattate, di come veniva somministrato loro cibo rancido, acqua da bere sporca e di come fossero costrette a restare sedute tutto il giorno in un ambiente malsano. Al termine del suo soggiorno la giornalista pubblicò un reportage intitolato “Dieci giorni in manicomio”, che la rese famosa e contribuì alla riforma degli istituti per persone con disabilità mentale negli Stati Uniti.

    A partire da quella inchiesta, la giornalista non smise mai di lavorare. Raccontò la condizione delle detenute nelle carceri, delle lavoratrici nelle fabbriche, delle domestiche e intervistò personaggi celebri, oltre a seguire i principali avvenimenti dell’epoca.

    Nel 1889, dopo aver letto il libro di Jules Verne Giro del mondo in ottanta giorni, la giornalista chiese a Joseph Pulitzer di finanziare il suo giro del mondo. Cochran riuscì a partire e il New York World pubblicò ogni giorno i suoi articoli dal Giappone, Regno Unito e Cina, tra gli altri, coinvolgendo il pubblico che si appassionò da subito ai suoi pezzi. Impiegò 72 giorni per compiere il giro del globo da sola e fu acclamata al suo ritorno.

    Cochran fu corrispondente al fronte durante la prima guerra mondiale e morì a 57 anni a causa di una polmonite. Dopo la sua morte venne nominata miglior reporter d’America dal New York Journal.

     

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