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    In Israele esiste “Miss Olocausto”: eletta una deportata di 93 anni

    Miss Olocausto 2018

    Tova Ringer, che ha perso tutta la sua famiglia ad Auschwitz, ha vinto il concorso annuale di bellezza dedicato alle sopravvissute alle persecuzioni

    Di Clarissa Valia
    Pubblicato il 15 Ott. 2018 alle 20:11 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:08

    Il concorso di bellezza riservato alle superstiti dell’Olocausto è diventato ormai un appuntamento fisso in Israele. L’evento è stato organizzato nella città di Haifa e quest’anno a vincere la corona è stata Tova Ringe che ha perso tutta la sua famiglia ad Auschwitz. miss olocausto israele

    La nuova reginetta di bellezza ha 93 anni ed è stata incoronata alla presenza di molte personalità politiche, sbaragliando le altre 12 finaliste.

    Fin dai suoi esordi nel 2012, l’evento di Miss Olocausto organizzato da un ente benefico israeliano ha attirato polemiche.

    La neo eletta “Miss Sopravvissuta all’Olocausto” ha commentato così la sua elezione: “Sono molto felice”, ha detto Ringer, che ha perso i genitori, quattro sorelle e la nonna durante il genocidio nazista. “È qualcosa di speciale. Non avrei mai creduto di diventare una “miss” alla mia età”.

    La competizione annuale è organizzata da Yad Ezer L’Haver un’organizzazione fondata nel 2001 dedicata ad assistere i bisognosi sopravvissuti all’Olocausto in Israele.

    L’annuale concorso è organizzato da Yad Ezer La Haver, un’organizzazione fondata nel 2001 e impegnata nel fornire aiuto e supporto ai sopravvissuti all’Olocausto che vivono in condizioni precarie in Israele.

    Secondo il fondatore dell’associazione e organizzatore del concorso, Shimon Sabagh, l’evento non convenzionale è stato creato per le donne che sono sopravvissute agli orrori della seconda guerra mondiale, spesso costrette a condurre una vita d’oblio.

    L’altra faccia della medaglia

    Fin dal suo esordio nel 2012, il concorso di bellezza riservato alle sopravvissute all’Olocausto ha trovato critici e sostenitori. Da un lato, c’è chi lo considera un appuntamento imperdibile con finalità sociali poiché punta i riflettori su un patrimonio importante della storia israeliana, e dall’altra, c’è chi invece lo critica e lo considera un evento di facciata per celare la realtà.

    In un duro editoriale pubblicato sul quotidiano Haaretz, la giornalista Amira Hass ha tracciato un quadro ben diverso sulla questione e sulle condizioni di vita dei sopravvissuti alle persecuzioni naziste che ancora vivono in Israele.

    A prima vista colpisce il numero delle partecipanti accorse da tutto il paese per sfilare in passerella e il fatto che il suo ideatore, Shimon Sabagh, sia anche il fondatore di un ente di beneficenza che aiuta i sopravvissuti all’Olocausto in difficoltà e che ha perfino eretto case famiglie per loro – con l’ausilio dell’International Christian Embassy Jerusalem.

    Ma la realtà è ben distante. “Se questo concorso ci deve insegnare qualcosa, allora occorre sapere che il governo israeliano ama l’Olocausto come strumento da impiegare in ambienti diplomatici, ma non ama realmente i sopravvissuti che sono al contrario un onere per il bilancio dello stato”, si legge nel lungo editoriale.

    “Se i sopravvissuti, che oramai si riducono a uno sparuto gruppo di persone, hanno bisogno di elemosine da Israele e dall’estero per condurre la propria vecchiaia in maniera semi-dignitosa, significa che qualcosa è marcio fin nel midollo”.

    Il Forum per le case popolari ha reso noto che almeno 3.600 sopravvissuti (molti dei quali hanno superato gli 85 anni d’età) vivono in condizioni vergognose, perché l’assistenza a domicilio è insufficiente e non vi sono alloggi pubblici per loro”.

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