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    Mahsa Amini, l’Iran si difende: “Morta per una malattia al cervello, non per le percosse della polizia”

    Di Massimiliano Cassano
    Pubblicato il 7 Ott. 2022 alle 14:26

    Non sarebbero stati i colpi alla testa e al corpo subiti dai poliziotti a causare la morte della 22enne Mahsa Amini, ma una sindrome da insufficienza multiorgano causata da ipossia cerebrale: una morte “naturale”, quindi, legata a una malattia del cervello della donna. Questo è quanto si apprende da un referto medico diffuso dall’organizzazione forense iraniana. Secondo i medici interpellati da Teheran, il decesso non sarebbe arrivato per causa delle percosse della “polizia morale” iraniana, ma per complicazioni dovute a “un intervento chirurgico per un tumore al cervello all’età di 8 anni”.

    Dalla morte di Mahsa Amini, avvenuta lo scorso 16 settembre, in tutto l’Iran si è generata una forte ondata di proteste la cui repressione ha provocato decine di morti. La donna era stata arrestata perché non indossava correttamente il velo, ed è morta nelle mani delle autorità dello Stato iraniano. “I risultati dell’esame fisico della salma e dell’autopsia nonché gli esami patologici indicano che la morte della suddetta non è stata causata da colpi alla testa o agli organi vitali”, ha dichiarato l’Organizzazione iraniana di medicina legale. Le autorità sostengono che la giovane sia svenuta “quando era sotto la custodia della polizia religiosa”, a causa della patologia che aveva e che le ha causato “un disturbo del ritmo cardiaco e un calo della pressione sanguigna”.

    Secondo i familiari della giovane, la ragazza sarebbe morta a causa di un violento colpo alla testa. In diversi Stati si sono tenute manifestazioni in ricordo della ragazza e in difesa di tutte le donne iraniane, con il gesto del tagliarsi una ciocca di capelli divenuto ormai un simbolo di sfida alla repressione messa in atto da Teheran. L’ambasciata iraniana a Roma ha lanciato intimidazioni esplicite, su Twitter, a chi in Italia aderisca a iniziative simili. Citando una campagna lanciata nel nostro Paese per inviare una ciocca di capelli agli uffici dell’ambasciata iraniana a Roma, ha scritto: “Dal dna dei capelli possono essere estratti e sfruttati dati molto preziosi, potrebbero rappresentare un buon data base dei nemici dell’Iran”.

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