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    Lanci spaziali low cost

    L'India si candida a guidare la redditizia industria dei lanci spaziali, a quale prezzo?

    Di Eleonora Cosmelli
    Pubblicato il 1 Lug. 2014 alle 15:50 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 23:26

    La nuova frontiera dell’esplorazione spaziale low cost è l’India. Lunedì la Indian Space Research Organization (Isro), l’agenzia aerospaziale indiana, ha mandato in orbita cinque satelliti stranieri per l’osservazione della terra. L’evento è stato seguito con grande attenzione dal pubblico e dal neo primo ministro Narendra Modi.

    Il premier ha dichiarato che questo lancio è costato solo 10 milioni di euro rispetto ai 36 spesi dalla Nasa per la stessa operazione. Si tratta ormai del quinto lancio internazionale avvenuto in India, che da ultimo ha mandato in orbita un satellite francese, uno canadese, uno tedesco e due di Singapore. Inoltre, ha già lanciato 40 satelliti per conto di 19 Paesi.

    Modi ha anche ricordato che la missione Mangalyaan (in sanscrito: nave marziana), per l’esplorazione del pianeta rosso, è costata meno del film “Gravity”: la spesa per l’impresa è stata di 53 milioni di euro, 20 in meno del colossal hollywoodiano. La sonda Mangalyaan è partita il 5 novembre dell’anno scorso e approderà su Marte a settembre. In caso di successo, questa sarebbe la prima missione asiatica a conseguire l’impresa.

    Madhukar Vinayak Kotval, direttore di L&T, azienda del settore aerospaziale danese con sede a Dubai, ha dichiarato che l’India ha il potenziale per diventare leader mondiale nel lancio aerospaziale, un’industria che fattura 1,7 miliardi di euro all’anno a livello globale (vedi il video). Lo stesso Modi è molto ottimista sulle possibilità dell’India: “Possiamo provvedere a lanciare i satelliti per tutto il mondo”.

    “Cheaper, faster, better”: questa, secondo Daniel Golden, amministratore della Nasa dal ’92 al 2001, è la formula vincente per la buona riuscita di un lancio. L’India ha applicato lo stesso principio, con maggiore efficienza. Qual è il segreto per una conquista dello spazio low-cost?

    La risposta è nel risparmio sulla manodopera. Se lo stipendio minimo di un ingegnere aerospaziale statunitense è di 77.000 euro all’anno (come riporta Occupational Employment Statistics), quello di un suo collega indiano sfiora i 15.000 (riportato da Aeronautical Engineer Blogspot).

    La competizione a basso costo dell’India rischia dunque di provocare una sorta di “effetto call-center”, il trasferimento della sede di certi servizi nei Paesi del sudest asiatico approfittando del costo minore della manodopera.

    La nazione ha avviato un proprio programma d’esplorazione spaziale 50 anni fa e ha sviluppato una tecnologia missilistica nel 1974, quando l’Occidente ha alleviato le sanzioni sul nucleare nel territorio.

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