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    Ricordando Ken Saro Wiwa, l’uomo che voleva difendere la Nigeria dalle multinazionali del petrolio

    Il 10 novembre 1995 l'attivista nigeriano Ken Saro-Wiwa venne impiccato dalle forze militari in seguito alle dure proteste contro l'inquinamento petrolifero in Nigeria

    Di TPI
    Pubblicato il 10 Nov. 2018 alle 11:40 Aggiornato il 10 Nov. 2019 alle 19:58

    Il 10 novembre del 1995 lo scrittore e attivista dei diritti umani Ken Saro-Wiwa veniva impiccato in Nigeria dalle forze militari del Paese, nonostante le numerose richieste arrivate da tutto il mondo perché gli si concedesse la grazia.

    Saro-Wiwa aveva condotto un campagna nonviolenta contro il degrado ambientale causato dalle estrazioni di petrolio nel delta del Niger, dove vivono gli Ogoni, una minoranza etnica di cui Saro-Wiwa faceva parte.

    Insieme ad altri otto dissidenti, Saro-Wiwa venne portato in catene nella prigione nella città di Port Harcourt, nel sud della Nigeria. Lì furono tutti impiccati alle sette e mezzo di mattina del 10 novembre.

    Le indagini condotte dalle Nazioni Unite hanno provato che il processo che ha portato alla morte di Saro-Wiwa è stato ingiusto. L’allora premier britannico John Major aveva definito le esecuzioni un “omicidio giudiziario”.

    La condanna alla pena di morte arrivò 10 giorni dopo che Saro-Wiwa e gli altri furono giudicati colpevoli di quattro omicidi. Saro-Wiwa continuò però a sostenere che il vero motivo della condanna fosse la protesta condotta contro l’industria del petrolio, fondamentale per l’economia nigeriana.

    A capo del Movimento per la sopravvivenza degli Ogoni, Saro-Wiwa aveva combattuto l’impatto ambientale delle grandi aziende petrolifere sul delta del Niger.

    Il 90 per cento dei ricavi prodotti dalle esportazioni nigeriane è costituito dalla vendita del petrolio all’estero. Questo ha portato il paese a opporsi alle proteste ambientaliste come quella di Saro-Wiwa e a continuare a collaborare con le aziende petrolifere.

    Le estrazioni e le fuoriuscite di petrolio hanno inquinato pesantemente la terra degli Ogoni. Secondo i ricercatori, ancora nel 2015 gli abitanti di quella comunità bevevano acqua contenente una quantità di benzene 900 volte superiore al livello definito accettabile dall’Organizzazione mondiale della sanità.

    “Non è cambiato nulla”, dichiarò anni fa durante un’intervista alla Bbc Lazarus Taman, il coordinatore del Movimento per la sopravvivenza degli Ogoni. “Sola la puzza [di petrolio] è così forte che non riesci a stare lì per troppo tempo. Le persone continuano a morire ogni giorno. Il problema non potrà mai essere risolto”.

    Secondo Taman, Saro-Wiwa aveva “predetto la maggior parte di ciò che è effettivamente accaduto”.

    Ripulire la zona dalle fuoriuscite di petrolio, a detta delle Nazioni Unite, sarebbe un processo lungo e costoso. Servirebbe quasi un miliardo di dollari solo per i primi cinque anni di lavoro, e molti altri ancora per terminarlo, in un tempo stimato di circa 30 anni.

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