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    Israele libera 1.178 richiedenti asilo

    La Corte suprema israeliana ha ordinato la liberazione dei richiedenti asilo che da oltre un anno erano rinchiusi nel centro di detenzione di Holot, nel deserto del Negev

    Di TPI
    Pubblicato il 26 Ago. 2015 alle 01:34 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:25

    La Corte suprema israeliana ha abolito una legge che avrebbe permesso di detenere gli immigrati illegali nel Paese fino a 20 mesi senza un processo.

    Inoltre, la Corte ha ordinato la liberazione dei richiedenti asilo che da oltre un anno erano rinchiusi nel centro di detenzione di Holot, nel deserto del Negev, dove la reporter di TPI Eleonora Cosmelli era stata per fare un reportage.

    In seguito all’ordine, sono state liberate 750 persone e altre 428 verranno rilasciate oggi. Gli oltre mille rifugiati e migranti non hanno il permesso di raggiungere le città di Tel Aviv e Eilat, e dovranno trovare un alloggio, cibo e cure mediche al più presto.

    Secondo i dati del governo israeliano, nel Paese ci sarebbero almeno 45mila migranti sprovvisti di documenti regolari – provenienti soprattutto da Eritrea e Sudan – e accusati dal governo di essere arrivati in Israele principalmente per motivi economici.

    Nel 2012 il governo israeliano ha approvato la cosiddetta legge anti-infiltrazione, che considera tutti coloro che entrano in Israele in modo illegale come “infiltrati”, riservando loro un uguale trattamento e non facendo distinzione alcuna tra i richiedenti asilo e gli altri.

    Da allora Israele ha inviato circa 1.700 richiedenti asilo nel centro di detenzione in questione. Da qui i migranti possono entrare e uscire liberamente, ma sono obbligati a dormire all’interno della struttura.

    Questo rende molto difficile per i richiedenti asilo trovare lavoro in città, poiché il centro si trova in una località remota. Nel caso di violazione delle regole, il richiedente sarebbe stato trasferito in un carcere.

    Israele teme che il numero sempre crescente di migranti possa in qualche modo essere una minaccia per lo stato ebraico.

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