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    Il piano di Israele da 800 milioni di euro per ricostruire Gaza

    I bambini di Gaza / foto di Ramy B

    Il piano mira ad arginare la grave crisi umanitaria che affligge la zona attraverso la realizzazione di nuove infrastrutture. Ecco cosa prevede.

    Di Noemi Valentini
    Pubblicato il 1 Feb. 2018 alle 13:55 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:12

    Israele ha presentato un piano da 800 milioni di euro per la ricostruzione di Gaza, nell’ambito di una riunione di emergenza dell’Ad Hoc Liason Commettee, il gruppo di paesi donatori che fornisce aiuti economici ai paesi in via di sviluppo, che si è tenuta il 31 gennaio 2018 a Bruxelles.

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    La riunione è stata convocata dal ministro degli Esteri novrvegese Ine Eriksen Soreide e dall’Alto rappresentante dell’Unione europea Federica Mogherini per far fronte alle gravi condizioni in cui versano i quasi due milioni di abitanti della striscia.

    Secondo quanto riporta il giornale israeliano Haaretz la proposta di Israele, che dovrebbe essere finanziata in maggioranza proprio dai paesi donatori, mira principalmente a ricostruire le infrastrutture della zona.

    Il piano prevede la realizzazione di impianti di desalinizzazione, una discarica, un gasdotto proveniente da Israele e linee elettriche ad alto voltaggio che raddoppierebbero le forniture a Gaza, dove l’energia manca per più di 20 ore al giorno e la quasi totalità dell’acqua non è più potabile.

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    Il tutto nel tentativo di arginare la grave crisi umanitaria e sanitaria che affligge i territori palestinesi già denunciata dall’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati palestinesi e da cui gli Stati Uniti hanno recentemente ritirato parte dei fondi.

    Gli Stati Uniti, storicamente uno dei principali donatori, fornivano quasi un terzo del budget totale dell’agenzia dalla quale, secondo Trump, non stavano però ricevendo “né apprezzamento né rispetto”.

    L’UNRWA ha dichiarato che questo passo indietro ha causato la più grande crisi finanziaria che l’organizzazione abbia mai affrontato, chiedendo ai donatori di accelerare i loro finanziamenti per tappare la falla aperta dal governo di Washington.

    Subito si è mosso il Belgio, che si è impegnato a donare altri 19 milioni di euro, seguito a ruota da Svizzera, Finlandia, Danimarca, Svezia, Norvegia, Germania, Russia, Belgio, Kuwait, Paesi Bassi e Irlanda.

    Al momento, l’economia di Gaza è ai minimi storici, piegata dai blocchi a importazioni ed esportazioni imposti dal governo israeliano e devastata dalle offensive militari che si succedono dal 2008.

    La disoccupazione è alle stelle e gli ospedali stanno finendo i medicinali, e nel frattempo le principali forze politiche palestinesi (Hamas e Al-Fath) non riescono a riconciliarsi, nonostante gli incoraggiamenti delle Nazioni Unite.

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    Nel corso della riunione, teatro del primo faccia a faccia tra Stati Uniti e Palestina da dopo il riconoscimento americano di Gerusalemme come capitale esclusiva di Israele, l’Unione europea ha annunciato la costituzione un fondo di 42.5 milioni di euro a beneficio Gerusalemme est.

    L’Ue considera infatti la parte orientale della città come capitale dell’auspicato Stato palestinese, in un piano di condivisione della città santa fra Israele e Palestina.

    I fondi si aggiungono ai 107 milioni già stanziati dall’Unione europea per l’UNWRA, e si prevede che 27.6 milioni vengano utilizzati per finanziare istituzioni che possano rendere la Palestina uno stato democratico e responsabile.

    Nel corso della riunione, l’Alto rappresentante ha ammonito gli Stati Uniti, chiedendo di non prendere iniziative unilaterali per agire nella zona.

    “Qualsiasi negoziazione dev’essere multilaterale e coinvolgere tutte le parti essenziali a questo processo”, ha dichiarato Federica Mogherini.

    “Senza una o l’altra non funzionerebbe, semplicemente non sarebbe realistico. Niente senza gli Stati uniti, niente con gli Stati Uniti da soli”.

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