Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Esteri
  • Home » Esteri

    Il prezzo del sangue

    Secondo un rapporto parlamentare il governo britannico venderebbe armi anche a Paesi che violano i diritti umani

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 17 Lug. 2013 alle 12:47 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 00:48

    Da un’inchiesta della commissione parlamentare risulta che il governo britannico venderebbe armi anche a Paesi che violano i diritti umani.

    Dal rapporto emerge che la stima delle licenze per l’esportazione di armi attualmente concesse dall’Inghilterra, verso 27 divesi Paesi, ammonta a quasi 14 miliardi di euro.

    Le licenze attualmente concesse sono 3 mila e gli accordi riguardano tra gli altri Arabia Saudita, Cina, Egitto, Tunisia e Sri Lanka. Da parte dei parlamentari sono sorte domande molto serie in particolare verso lo Sri Lanka, cui sono fornite pistole, munizioni per armi di piccolo calibro e fucili d’assalto. Ciò a dispetto dei casi ben documentati di violazioni dei diritti umani nel Paese.

    Il valore delle licenze nei confronti della Cina, ammonta a 1.6 miliardi di euro, e anche qui figurano apparecchiature simili, insieme a piccole munizioni di armi, nonostante l’embargo posto dall’Ue su Pechino.

    Un dato colpisce: Israele, in base a un accordo raggiunto lo scorso Febbraio, conta ben oltre la metà del valore delle licenze di armi complessive, pari a circa 9 miliardi di euro.

    Risultano, inoltre, più di 50 licenze nei confronti dell’Iran, che comprendono componenti per elettronica militare e quelli che sono definiti “strumenti crittografici”, un termine molto generale che può ricomprendere una grande varietà di equipaggiamenti.

    I dati sembrano contrastare con la politica generale in materia di commercio di armi in Gran Bretagna, che è quella di non rilasciare licenze a Stati in cui vi sia “un rischio evidente che la prospettata esportazione potrebbe provocare o prolungare conflitti regionali o interni, o che potrebbe essere utilizzata per facilitare la repressione interna”, come si legge nel report.

    Per questo John Stanley, presidente della commissione dice: “Continueremo a chiedere maggiori chiarimenti da parte del governo. Vorremmo sapere, per esempio, se l’apparecchiatura per la crittografia può essere utilizzata sul dissenso interno, e il suo possibile uso militare.”

    Intanto, una portavoce del Dipartimento per il Commercio e l’Innovazione ha fatto sapere che gli strumenti in questione sono un mezzo per garantire la sicurezza delle informazioni, impedendo l’accesso non autorizzato ai dati, e che non sollevano alcun problema riguardo alla repressione interna.

    Il rapporto conclude: “Il governo farebbe bene a riconoscere che vi è un conflitto tra promuovere le esportazioni di armi verso i regimi autoritari, e allo stesso tempo criticare fortemente i loro abusi contro i diritti umani, piuttosto che sostenere, che queste due politiche ‘si rafforzino a vicenda’ “.

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version