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    I bambini invisibili

    Circa 230 milioni di bambini al mondo non hanno un certificato di nascita e non possono usufruire di servizi sanitari e istruzione

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 12 Dic. 2013 alle 09:21 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 23:00

    Talvolta un pezzo di carta può fare la differenza tra salute e malattia, sicurezza e pericolo e perfino tra la vita e la morte. Si tratta del certificato di nascita, la prova ufficiale che un bambino è nato.

    Secondo l’ultimo rapporto dell’Unicef, però, un bambino su tre al di sotto dei cinque anni è privo del certificato di nascita, e per questo “invisibile” e più vulnerabile agli abusi. In totale si tratta di 230 milioni di bambini, nati per lo più nell’Africa subsahariana o nell’Asia meridionale.

    “La registrazione alla nascita è più di un diritto. È il riconoscimento dell’identità e dell’esistenza del bambino da parte della società”, ha spiegato Geeta Rao Gupta, vicedirettore esecutivo dell’Unicef.

    Il certificato consente al bambino di fare uso del servizio sanitario, ricevere le assicurazioni sociali e di andare a scuola. Tale documento può anche essere un mezzo efficace per proteggere il bambino dai rischi di lavoro minorile, arruolamento forzato, traffico di esseri umani e matrimonio infantile. Inoltre, qualora i bambini vengano separati dalle loro famiglie durante disastri naturali, conflitti o come risultato dello sfruttamento minorile, riunirli con la famiglia è ancora più difficile in mancanza di documentazione ufficiale. La registrazione è infine utile a ottenere le statistiche indispensabili allo sviluppo del Paese.

    Secondo il rapporto, i Paesi con i tassi di registrazione più bassi sono Somalia (3 per cento), Liberia (4 per cento), Etiopia (7 per cento) e Zambia (14 per cento), mentre in Asia il tasso più basso è quello del Pakistan (27 per cento). Secondo l’Unicef, le nascite non registrate sono sintomo di disuguaglianze e disparità nella società: i bambini più colpiti sono infatti quelli provenienti da determinati gruppi etnici o religiosi, quelli che vivono in zone rurali o remote, provenienti da famiglie povere o figli di madri non istruite. In questi casi, per via delle tasse proibitive, dell’ignoranza delle leggi e dei procedimenti necessari, o per il timore di ulteriori discriminazioni, molte famiglie non registrano i bambini alla nascita.

    L’Unicef ha però dichiarato di aver già dato inizio all’utilizzo di strumenti innovativi per aiutare i governi e le comunità a rafforzare i loro sistemi di registrazione delle nascite. Ad esempio, in Uganda, il governo – sostenuto dalle Nazioni Unite – ha introdotto la tecnologia della telefonia mobile per completare le procedure di nascita in pochi minuti, quando normalmente sono necessari dei mesi. La speranza è che questi sistemi possano diffondersi e in parte contribuire a risolvere il problema.

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