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    Human Rights watch accusa: “Autorità palestinese e Hamas praticano torture sitematiche contro i dissidenti”

    Credits: Thomas Coex/AFP

    In un rapporto di 150 pagine, l'organizzazione per la tutela dei diritti umani denuncia la violenza delle due autorità palestinesi

    Di Massimo Ferraro
    Pubblicato il 24 Ott. 2018 alle 16:23 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:08

    L’organizzazione internazionale per la tutela dei diritti umani Human rights watch ha accusato l’Autorità palestinese che governa la Cisgiordania e il gruppo militare islamista Hamas che amministra la striscia di Gaza di usare sistematicamente l’arresto e la tortura contro i dissidenti.

    Se le accuse venissero confermate e verificate, sia l’Anp sia Hamas potrebbero essere perseguite dalla Corte penale internazionale dell’Aia per crimini contro l’umanità.

    Martedì 22 ottobre 2018 i portavoce delle forze di sicurezza interne dell’Autorità palestinese e di Hamas hanno respinto il rapporto come “parziale e impreciso”.

    Adnan Damiri, un portavoce dell’Autorità palestinese, ha detto che il rapporto è “basato su pregiudizi e pieno di informazioni sbagliate”.

    Nel documento di Human rights watch si cita il caso di un giornalista della Cisgiordania, detenuto dalle forze di sicurezza dell’Autorità palestinese per 4 giorni dopo aver fotografato il convoglio del primo ministro palestinese bloccato a un posto di blocco controllato da Israele.

    Un altro caso è quello di un attivista di Gaza che sostiene di aver trascorso 15 giorni in carcere dopo aver scritto un post su Facebook per protestare contro la mancanza di elettricità. Nel post chiedeva ai leader di Hamas se anche i loro figli dormissero sul pavimento per sfuggire al caldo.

    In un allegato al rapporto, le agenzie di sicurezza di entrambi i territori palestinesi hanno affermato che gli abusi si sono verificati solo in casi isolati, e gli agenti coinvolti sono già stati indagati.

    Ma Human Rights Watch ha smentito questa ricostruzione, dichiarando che le prove raccolte contraddicono le dichiarazioni delle due autorità pubbliche.

    Intervenendo a una conferenza stampa a Ramallah, Omar Shakir, responsabile di Israele e Palestina per Human Rights Watch e principale ricercatore del rapporto, ha dichiarato: “Gli abusi capitano. Quando si verificano degli abusi, coloro che li eseguono dovrebbero essere ritenuti responsabili. Quando hai impunità, l’abuso continua. E qua c’è stata impunità per un quarto di secolo “.

    Tom Porteous, vice direttore del programma di Human Rights Watch, ha affermato che 25 anni dopo l’accordo di pace di Oslo, “le autorità palestinesi hanno acquisito solo poteri limitati in Cisgiordania e Gaza, ma che, dove hanno avuto autonomia, hanno sviluppato stati di polizia paralleli”.

    Alcune delle accuse non sono nuove. Human Rights Watch ha richiamato l’attenzione su ciò che ha definito il “pericoloso stato dei diritti umani nelle aree di autodeterminazione palestinese” in un rapporto sulle violenze israeliane e palestinesi del 1995.

    Come riporta il New York Times, negli oltre 2 anni di realizzazione del report di 149 pagine sono state ascoltate più di 140 persone, tra ex detenuti, parenti e avvocati, e sono stati esaminati documenti medici e giudiziari.

    Human Rights Watch ha descritto più di due dozzine di casi di persone “detenute senza una ragione chiara, se non la scrittura di un articolo critico o di un post su Facebook, o perché appartenenti al gruppo studentesco o al movimento politico sbagliato”.

    Le detenzioni spesso duravano giorni o settimane, e lo scopo delle azioni delle autorità, spiega l’organizzazione, era punire i critici e scoraggiare l’attivismo.

    Human Rights Watch ha indicato il tipo di abusi che vengono commessi, tra cui percosse, frustate e, in particolare, una forma di tortura conosciuta come “shabeh”, che costringe il detenuto in catene, in una posizione scomoda, per un periodo prolungato e senza possibilità di dormire.

    Un’agenzia di sicurezza della Cisgiordania ha affermato che 220 palestinesi sono stati detenuti in seguito a post sui social media perché avrebbero potuto “mettere in pericolo la vita dei cittadini”.

    Jihad Barakat, il giornalista della Cisgiordania che ha scattato le fotografie del primo ministro palestinese, alla fine è stato assolto da qualsiasi comportamento illecito o illegale da parte di un tribunale di Ramallah.

    Amer Balousha, l’attivista di Gaza che si è lamentato per il caldo, è stato convocato per la prima volta con l’accusa di istigazione dopo aver invitato le persone a manifestare e in seguito è stato rilasciato. È stato poi arrestato un’altra volta per una non meglio specificata accusa “di natura criminale”, secondo le forze di sicurezza di Hamas.

    Le autorità israeliane si sono finora rifiutate di concedere a Human Rights Watch il permesso di entrare a Gaza per presentare la sua relazione, perché in passato l’organizzazione ha denunciato abusi anche da parte loro, sconsigliando di investire nelle attività che si trovano negli insediamenti israeliani in Cisgiordania.

    Qui il reportage di TPI dalla striscia di Gaza

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