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    La giornalista russa del blitz anti Putin silenziata a Kiev: “È una spia russa, anche lei diffonde la propaganda del Cremlino”

    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 7 Giu. 2022 alle 15:52 Aggiornato il 7 Giu. 2022 alle 16:03

    Non finisce l’odissea di Marina Ovsjannikova, la giornalista russa passata agli onori della cronaca per aver interrotto il Tg della tv di Stato per protestare contro l’invasione russa dell’Ucraina a pochi giorni dall’inizio dell’offensiva. Solo l’inizio della serie di sventure che l’hanno coinvolta: dopo essersi licenziata, aver ricevuto una multa di circa 300 euro e aver promesso che sarebbe rimasta a Mosca al fianco dei suoi figli e della sua patria, Ovsjiannikova alla fine ha lasciato il Paese e raggiunto Berlino. Il marito nel frattempo le avrebbe fatto causa chiedendo la custodia dei figli, che la producer non riabbraccia da quando è fuggita da Mosca.

    A fine maggio ha programmato un viaggio a Kiev per realizzare un servizio per il quotidiano tedesco Die Welt, per cui ora lavora, ma dopo pochi giorni è stata invitata a lasciare il Paese perché considerata una spia russa. A raccontare la vicenda l’inviato di Repubblica Fabio Tonacci, a cui Ovsjannikova ha raccontato al telefono: “Sono arrivata in Ucraina il 27 maggio volevo intervistare Zelensky, mostrare alla Russia gli orrori di Bucha e il male che sta facendo Putin al popolo ucraino… il 31 sono dovuta scappare perché la scorta era molto preoccupata per la mia incolumità”.

    L’opinione pubblica ucraina ritiene che le dichiarazioni di Ovsjannikova siano costruite ad arte dalla propaganda russa, nonostante il gesto di protesta anti-Putin. Secondo Kiev solo una farsa per coprire la sua vera identità: la tesi è che la donna abbia usato il suo conquistato ruolo da dissidente per diffondere messaggi voluti dal Cremlino. Come? Separando le sorti del presidente della Federazione da quelle del popolo, sostenendo per esempio che le sanzioni dovrebbero colpire solo lui e gli oligarchi, risparmiando quindi l’economia della Russia. E cioè l’argomentazione proposta da Mosca per farsi togliere le sanzioni, come ha fatto notare Dima Replianchuk, giornalista investigativo che collabora con la procura generale di Kiev per identificare gli autori dei crimini di guerra.

    Anche la presenza di Ovsjannikova in Ucraina e i suoi spostamenti sono stati messi in dubbio, ma al quotidiano la reporter ha inviato foto e video della trasferta, “in cui la si vede davanti a uno degli alberghi di Odessa distrutti da un bombardamento”, racconta Tonacci. “In Ucraina mi odiano e mi credono una spia dell’Fsb, in Russia pensano che sia una spia britannica… quelle frasi sulle sanzioni le ho dette prima di aver visto il massacro di Bucha, ora ho cambiato idea! Ora sono convinta che la guerra sia una responsabilità collettiva dei russi e che la comunità internazionale debba colpire la Federazione con più sanzioni di quante ne ha già approvate. Ero pronta a spiegarlo di persona, però non me ne è stata data la possibilità”, ha dichiarato Ovsjannikova.
    “Ero disponibile a rispondere a ogni domanda, anche a ripetere per l’ennesima volta che sono uscita dalla Russia non perché sono una spia ma solo grazie all’aiuto della comunità internazionale, soprattutto Stati Uniti e Francia. Zelensky allora si era congratulato con me. Adesso vivo a Berlino, da sola. Ho perso tutto per sostenere gli ucraini: i miei figli sono come prigionieri in Russia e non li posso abbracciare, non ho più la mia casa, non ho più il mio lavoro. Eppure, in Ucraina, mi odiano”, ha aggiunto.
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