Almeno 10 minori sono rimasti uccisi ieri nella Striscia di Gaza a seguito di un raid aereo condotto da Israele contro una stazione di rifornimento idrico a Nuseirat, nel centro del territorio costiero palestinese, che ha colpito la folla in fila per ricevere dell’acqua, in un incidente causato, secondo i militari di Tel Aviv, da un “malfunzionamento tecnico”. Il bilancio delle vittime è stato confermato all’agenzia di stampa francese Afp dal portavoce della Protezione civile della Striscia, Mahmoud Bassal, secondo cui almeno 43 persone sono morte negli attacchi israeliani condotti nelle precedenti 24 ore a Gaza mentre i colloqui per la tregua in corso a Doha, in Qatar, restano in una fase di stallo.
Tra le vittime registrate ieri nel territorio costiero palestinese, secondo la Protezione civile locale, almeno 20 persone sono morte nel raid contro la stazione di rifornimento di acqua potabile di Nuseirat. Altre 11, comprese donne e minori, sono decedute in una serie di attacchi contro un mercato a Gaza City, nel nord della Striscia. Le ultime tre sono invece morte nei bombardamenti condotti dall’Idf nel campo profughi di Al-Mawasi, nel sud del territorio. L’attacco condotto a Nuseirat, che ha provocato la morte di una decina di bambini, aveva come obiettivo, come ammesso dall’esercito israeliano, l’uccisione di un miliziano della Jihad Islamica palestinese. Il razzo però, ha ammesso l’Idf, “è caduto a decine di metri dal bersaglio” a causa di un “errore tecnico”. “L’incidente è in fase di accertamento”, hanno fatto sapere i militari di Tel Aviv, secondo cui nelle ultime 24 ore, l’Aeronautica israeliana ha “colpito più di 150 obiettivi terroristici a Gaza”.
La guerra imperversa nella Striscia da oltre 21 mesi, da quando il 7 ottobre 2023 migliaia di miliziani di Hamas e della Jihad Islamica entrarono in Israele da Gaza, uccidendo almeno 1.219 persone, per lo più civili, e sequestrando 251 ostaggi. Tra questi, 49 sono ancora trattenuti nella Striscia, 27 dei quali già dichiarati morti dall’esercito di Tel Aviv. Da allora però, secondo il ministero della Salute del territorio costiero palestinese controllato da Hamas, almeno 58.026 persone sono state uccise nella Striscia, in maggioranza donne e bambini, senza contare le migliaia di dispersi tuttora sotto le macerie. Intanto la situazione nel territorio costiero continua a peggiorare.
Israele, come certificato dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Unocha), ha limitato l’accesso dei palestinesi a oltre l’86 per cento della Striscia di Gaza, dichiarando vaste aree del territorio costiero “zona vietata” o emanando ordini di evacuazione rivolti alla popolazione residente. La carenza di carburante nel territorio costiero palestinese poi, hanno avvertito ieri in una nota congiunta sette agenzie Onu, ha raggiunto un “livello critico”, rischiando di aumentare significativamente le sofferenze dei due milioni di abitanti. “Dopo quasi due anni di guerra, la popolazione di Gaza sta affrontando difficoltà estreme, tra cui una diffusa insicurezza alimentare”, si legge nella nota. “Quando il carburante finisce, si crea un nuovo, insopportabile fardello per una popolazione sull’orlo della fame”.
I negoziati in corso a Doha però non registrano sviluppi malgrado l’ottimismo del presidente degli Stati Uniti Donald Trump che aveva annunciato una soluzione per questa settimana. Al momento i colloqui tra Israele e Hamas mediati da Usa, Egitto e Qatar sono sospesi, con entrambe le parti che si accusano a vicenda di aver bloccato le trattative avviate il 6 luglio scorso. Il negoziato si è infatti arenato sul futuro della Striscia: Hamas chiede il completo ritiro delle forze israeliane dal territorio costiero, una richiesta che, come ribadito dal premier Benjamin Netanyahu, lo Stato ebraico non è disposto a soddisfare, mirando piuttosto a liberare gli ostaggi rimasti a Gaza, disarmare Hamas ed espellere il gruppo dalla Striscia.