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    Guerra fredda on-air

    Il programma AeroMarti, che trasmette programmi statunitensi verso Cuba, è sotto accusa per i suoi costi eccessivi

    Di Elena Prodi
    Pubblicato il 30 Lug. 2013 alle 13:07 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 12:41

    Mai nessuna trasmissione televisiva è costata così cara al portafogli statunitense. Negli ultimi sei anni la Casa Bianca ha speso più di 18 milioni di euro dei contribuenti per finanziare AeroMarti, un progetto di propaganda mediatica che, servendosi di un aereo che sorvola i cieli di Cuba, permette agli abitanti dell’isola di ricevere alcuni programmi tv americani grazie a dei ripetitori montati sul velivolo. L’Avana ha tentato in tutti i modi di neutralizzare il progetto schermando il segnale delle trasmissioni statunitensi, che oggi raggiungono solo l’1 per cento della popolazione.

    L’iniziativa AeroMarti viene lanciata nella metà degli anni Ottanta dal presidente Ronald Regan. La propaganda si è servita in un primo momento del segnale radiofonico poi, dal 1990, si è allargata anche ai canali televisivi. La programmazione è variegata: incontri di baseball e previsioni metereologiche intervallano notiziari locali e interviste ai dissidenti cubani. Il progetto vuole fornire agli abitanti di Cuba un’alternativa all’informazione filtrata dai media rigidamente controllati dal regime di Raul Castro.

    Da ormai due anni però, l’Us Broadcasting board of governors, l’agenzia indipendente che gestisce il progetto di propaganda mediatica, chiede al Congresso americano di sospendere le trasmissioni su Cuba, visti gli onerosi costi del programma e i risultati mancati. “Il segnale è fortemente disturbato dal governo cubano che ostacola la ricezione delle trasmissioni rivolte agli abitanti dell’isola” legge la proposta del budget per il 2014 presentata al Congresso.

    Nonostante le spese, l’ala anticastrista del Congresso porta avanti l’iniziativa, confermando ogni anno i finanziamenti al progetto. Quest’anno però il velivolo bimotore che sorvola Cuba, un Gulfstream I, è rimasto a terra, parcheggiato in Georgia, a causa dei tagli automatici alla spesa entrati in vigore lo scorso marzo.

    I sostenitori più accesi di questa guerra fredda tra frequenze televisive sostengono che spegnere i ripetitori delle emittenti americane farebbe pensare a una resa alla resistenza cubana. La decisione ultima spetta comunque all’Appropriations Committee di Camera e Senato, uno speciale comitato sugli stanziamenti che definirà le sorti del progetto nato nel 1985 che, a oggi, ha sottratto quasi 400 milioni di euro alle casse dello Stato.

    Il controllo dell’informazione è una delle prerogative del governo cubano. Oggi sono presenti sull’isola cinque canali televisivi: quattro sono monitorati dall’amministrazione castrista, il quinto è Telesur, l’emittente televisiva venezuelana, autorizzata a trasmettere sull’isola in virtù dei buoni rapporti tra i due Paesi.

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