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    Raid israeliano uccide cinque giornalisti a Gaza: “Israele vuole mettere a tacere chi denuncia il genocidio”. Tel Aviv: “Erano terroristi”

    Tra le vittime Anas Al Sharif, uno dei volti più noti dell'emittente Al Jazeera

    Di Niccolò Di Francesco
    Pubblicato il 11 Ago. 2025 alle 14:26 Aggiornato il 11 Ago. 2025 alle 14:37

    Un raid israeliano nei pressi dell’ospedale al-Shifa, a Gaza City, ha ucciso cinque giornalisti, tra cui Anas Al Sharif, uno dei volti più popolari dell’emittente Al Jazeera per la quale ricopriva il ruolo di inviato dalla Striscia di Gaza. Insieme a lui, è stato ucciso il collega Mohammed Qreiqeh e i cameramen Ibrahim Zaher, Mohammed Noufal e Moamen Aliwa. L’attacco da parte dell’esercito israeliano è stato deliberato: secondo l’Idf, infatti, i reporter appartenevano a una “cellula terroristica responsabile della preparazione di attacchi con razzi contro civili e truppe”. Al Sharif da tempo era considerato un possibile obiettivo dell’esercito israeliano: Tel Aviv, infatti, lo aveva accusato di aver partecipato agli attacchi compiuti da Hamas il 7 ottobre 2023. Lo stesso giornalista sapeva di poter morire da un momento all’altro: subito dopo la sua scomparsa, infatti, è stato pubblicato sui suoi social il suo testamento.

    In una nota al Jazeera Media Network ha condannato l’uccisione come “un altro attacco palese e premeditato alla libertà di stampa“. “Il raid arriva – si legge ancora nella nota – nel mezzo delle conseguenze catastrofiche dell’assalto israeliano in corso a Gaza. Anas e i suoi colleghi erano tra le ultime voci rimaste e fornivano al mondo una copertura diretta e senza filtri delle devastanti realtà vissute dalla popolazione palestinese”. Alla comunità internazionale vengono chieste “misure incisive per fermare il genocidio in atto e porre fine agli attacchi deliberati contro i giornalisti”. Sarah Qudah, direttrice regionale del Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj), ha invece affermato: “La prassi israeliana di etichettare i giornalisti come militanti senza fornire prove credibili solleva seri dubbi sulle sue intenzioni e sul rispetto della libertà di stampa”.

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