Le forze di sicurezza del Burundi hanno dichiarato che dieci persone sono rimaste uccise martedì 13 ottobre a Bujumbura, la capitale del Paese, in un attacco condotto dalla polizia per liberare alcuni colleghi precedentemente rapiti.
Tra questi c’erano anche il cameraman della tv di stato Christophe Nkezabahizi, la moglie, i loro due figli e un poliziotto. Nkezabahizi lavorava presso l’emittente nazionale di radio e televisione Radiodiffusion-Télévision Nationale du Burundi (RTNB).
Il raid era stato lanciato dalle forze di polizia per liberare alcuni colleghi precedentemente rapiti. Secondo quanto riporta la Bbc, non è ancora chiaro chi ci sia dietro il rapimento degli agenti di polizia.
Si tratta dell’ennesima ondata di violenza a seguito della riconferma del presidente Pierre Nkurunziza – in carica dal 2005 – per un terzo mandato.
I disordini sono iniziati in aprile, quando Nkurunziza ha annunciato l’intenzione di volersi candidare per la terza volta consecutiva come presidente, dando il via a una serie di proteste e a frequenti episodi di violenze tra le forze dell’ordine e i cittadini in presidi anti-Nkurunziza.
A maggio era anche stato tentato un colpo di stato. Da allora sono proseguiti gli scontri, che si sono concentrati nel nord del Paese. Negli ultimi mesi, poi, il Burundi è stato colpito da un’ondata di inspiegabili omicidi, sia di attivisti dell’opposizione sia di funzionari di sicurezza.
A settembre il capo di Stato maggiore dell’esercito è sopravvissuto a un tentato omicidio. Poco prima, durante la stessa settimana, un portavoce di un partito dell’opposizione era stato ucciso a Bujumbura.
Il mese scorso l’alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha dichiarato la presenza di un “allarmante incremento” nel numero di omicidi e arresti in Burundi a seguito della rielezione del presidente Nkurunziza.
Il Burundi sta affrontando il periodo più turbolento nella sua storia da quando la guerra civile – durata 12 anni – è terminata nel 2005.
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