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    Il Giappone non vuole ospitare i rifugiati

    Il premier Shinzo Abe ha dichiarato che per ospitare i rifugiati deve prima migliorare la qualità della vita dei giapponesi

    Di Diana Zogno
    Pubblicato il 30 Set. 2015 alle 14:42 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 16:30

    Il Giappone deve migliorare la qualità della vita dei propri cittadini, prima di accogliere i rifugiati siriani. L’ha dichiarato il primo ministro Shinzo Abe a margine dell’Assemblea generale dell’ Onu a New York.  “È una questione demografica. Dobbiamo incrementare il nostro tasso di natalità” ha spiegato il premier, aggiungendo che in aiuto del popolo siriano e di quello iracheno, il Giappone stanzierà circa 720 milioni di euro, mentre altri 668 milioni verranno investiti in sforzi per riportare la pace in Medio Oriente.

    Contro la politica anti immigrati portata avanti da Abe si era esposto nel giugno 2014 l’ex funzionario del ministero di Giustizia Hidenori Sakanaka, secondo cui, invece, solo l’afflusso di 10 milioni di migranti nei successivi 50 anni avrebbe salvato il Giappone dal collasso demografico e dal calo della forza lavoro. Il 25 per cento della popolazione attuale nel Paese ha più di 65 anni e si calcola che la popolazione anziana raggiungerà il 40 per cento entro il 2050.

    La chiusura del Giappone verso gli immigrati, tuttavia, ha origine dalla percezione diffusa che i giapponesi hanno di sé come di un popolo omogeneo oltre che di una nazione razzialmente compatta. Questa tradizione di pensiero rappresenta uno dei cardini del Nihonjinron, il genere letterario popolare sull’identità nazionale giapponese. Nel 2005 il ministro delle Comunicazioni dell’allora governo guidato dal premier Taro Aso, riferendosi al popolo giapponese dichiarò: “una cultura, una civiltà, una razza”.

    Proprio per far fronte al rischio di una crisi demografica e non dover ricorrere alla forza lavoro proveniente da altri Paesi, a partire dal 2007 il Giappone ha promosso attivamente la robotizzazione dell’economia giapponese attraverso diversi investimenti nelle nuove tecnologie e la produzione massiccia di robot: solo nel giugno 2013 il governo ha stanziato 24 milioni di dollari per lo sviluppo di robot-badanti, colf e babysitter. 

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