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    Ecco come la Germania si è comprata quasi tutti gli aeroporti della Grecia

    Il primo ministro della Grecia Alexis Tsipras e la Cancelliera tedesca Angela Merkel

    Il paese ellenico, per ricevere gli aiuti dell'Unione europea, è stato costretto a vendere molti asset strategici. Tra questi anche i principali scali del paese, finiti tutti ad aziende tedesche

    Di Luca Serafini
    Pubblicato il 27 Feb. 2018 alle 18:42 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:02

    Aiuti economici dell’Unione europea in cambio della vendita a società dei paesi creditori di importanti asset nazionali.

    Sembra questo il trend che, da alcuni anni, ha portato il governo ellenico alla privatizzazione di molte società statali, che sono state date in gestione ad aziende straniere.

    Attualmente, quasi tutti i principali aeroporti della Grecia sono di proprietà di gruppi tedeschi.

    Un trend iniziato nel 2015, quando Tsipras, per ricevere il terzo piano di aiuti da 86 miliardi di euro dall’Unione europea, iniziò un piano di privatizzazioni che portò, tra le altre cose, alla cessione di 14 aeroporti regionali alla società tedesca Fraport, che gestisce lo scalo di Francoforte.

    Un accordo del valore di oltre un miliardo di euro, per aeroporti collocati in zone di grande afflusso turistico.

    A giugno del 2017, è stata invece la volta del gruppo tedesco AviAlliance, che si è aggiudicato il rinnovo della concessione per la gestione, fino al 2046, dell’aeroporto di Atene, il più grande del paese, acquisendo il 40 per cento delle quote della società aeroportuale della capitale ellenica, l’Athens International Airport (Aia).

    AviAlliance è un’importante compagnia del settore, che possiede già il 49 per cento dell’aeroporto di Amburgo e il 60 per cento di quello di Dusseldorf. La cifra sborsata per lo scalo di Atene è stata di 600 milioni di euro.

    La capitale della Grecia è andata così ad aggiungersi ad altre importanti città i cui aeroporti sono in mano tedesca, come Salonicco, Corfù e Creta.

    La promessa di rinnovare la concessione del principale aeroporto ateniese ad AviAlliance era contenuta anch’essa nel piano di aiuti da 86 miliardi del 2015.

    L’Aia è la società che ha in gestione l’aeroporto di Atene dal 1995. Il 5 per cento delle quote dello scalo sarà ancora è ancora in mano ad una compagnia greca, la Copelouzos, mentre il fondo greco per le privatizzazioni (HRADF) ha il 30 per cento delle quote e il governo il restante 25 per cento.

    Nella sostanza, quindi, l’azionista di maggioranza è tedesco, ed è Berlino ad avere il controllo su questo asset strategico dell’economia ellenica.

    Come ovvio, i 600 milioni di euro del contratto di vendita hanno ridato ossigeno, lo scorso anno, alle casse del governo greco.

    La Grecia aveva già concluso, nel 2016, la privatizzazione del 67 per cento del porto del Pireo, venduto al colosso cinese del trasporto marittimo Cosco per un ammontare di 368,5 milioni di Euro.

    I membri più intransigenti di Syriza, nel 2015, avevano ritardato l’applicazione del programma di privatizzazioni, che è stato però portato a compimento soprattutto per volontà del primo ministro Alexis Tsipras, che ha superato l’opposizione dell’ala oltranzista del suo partito.

    Atene ha quindi approvato quasi tutte le richieste dei creditori internazionali contenute nel memorandum di intesa con l’Unione europea e in Fondo monetario internazionale.

    Secondo molti osservatori, questi contratti sono un segno evidente della strategia, portata avanti da molte società tedesche, di approfittare della situazione togliendo alla Grecia alcune risorse economiche strategiche.

    Quanto queste operazioni siano concertate dai principali gruppi economici e dal governo di Angela Merkerl è difficile da stabilire. Resta il fatto che la Germania è uno dei principali creditori della Grecia nonché il paese che, più di tutti, ha spinto per la realizzazione di politiche di austerity nei confronti dei paesi più indebitati.

    Il 5 luglio 2015, il governo di Tsipras promosse un referendum sul piano di rientro del debito stabilito da Commissione europea, Banca Centrale europea Fondo Monetario internazionale (la cosiddetta trojka).

    Il no prevalse con il 61 per cento dei voti, ma nonostante questo, pochi mesi dopo Tsipras fu costretto a negoziare con la trojka e a cedere alla maggior parte delle condizioni contenute nel piano.

    Leggi anche: Il Grecia si terrà un referendum sul debito

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