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    Germania a luci rosse

    Secondo lo Spiegel la legge sulla legalizzazione della prostituzione ha fallito completamente

    Di Gualtiero Sanfilippo
    Pubblicato il 3 Giu. 2013 alle 11:43 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:24

    In Germania, la legge che nel 2002 legalizzò la prostituzione non sembra aver ottenuto i risultati sperati. Oggi, stando a quanto riportato dal quotidiano tedesco Spiegel, le prostitute sono vittime di uno sfruttamento spietato e il numero di bordelli è aumentato in maniera smisurata, facendo diventare la Germania, la nazione del sesso a pagamento.

    La legge venne approvata dal Parlamento tedesco nel 2001 ed entrò in vigore l’1 gennaio 2002 con l’obiettivo di professionalizzare e di proteggere le prostitute che operano sul territorio tedesco.

    Secondo lo Spiegel, gli effetti della legge sono totalmente negativi rispetto alle aspettative: sono circa 200 mila le prostitute che lavorano nel Paese e una cifra tra il 65 e l’80 per cento di loro proviene dall’estero, in prevalenza da Paesi come la Romania e la Bulgaria. Nel 2000, furono condannate 151 persone per sfruttamento della prostituzione, mentre nel 2011 soltanto 32; attualmente ci sono tra i 3 mila e i 3.500 stabilimenti a luci rosse e questo genera un ricavo di circa 14,5 miliardi di euro all’anno.

    La legge sulla prostituzione condanna lo sfruttamento da parte di protettori, ma questo, più che combattere il problema, lo ha solo nascosto. Ora molte prostitute lavorano legalmente nei sex-club del Paese, per poi pagare i loro protettori lontano da occhi indiscreti. In questo modo la polizia non può intervenire: “Non possiamo provare nulla. Non abbiamo alcun caso di traffico di esseri umani finalizzato alla prostituzione”, ha detto Wilhelm Schmidbauer, capo della polizia di Monaco.

    Stando agli ultimi dati dell’Ufficio federale di polizia criminale tedesco nel 2011 ci sono stati 636 casi di traffico di esseri umani e sfruttamento della prostituzione, meno di un terzo rispetto a 10 anni prima.

    Oggi, molti agenti di polizia sono convinti che la legge approvata con le migliori intenzioni sia in realtà poco più di un programma a vantaggio dei protettori che a favore delle prostitute stesse. “È politicamente corretto in Germania rispettare le decisioni delle singole donne, ma se si desidera proteggerle, questa non è la legge giusta per farlo”, ha detto Rahel Gugel, professore di diritto presso la Baden-Wurttemberg Cooperative State University che ha fatto del diritto alla prostituzione l’oggetto della sua tesi di laurea.

    Axel Dreher, professore di politica internazionale e di sviluppo presso l’Università di Heidelberg, ha raccolto i dati di 150 Paesi, riuscendo ad evidenziare un’interessante costante: il flusso del traffico di esseri umani è più grande in tutte quei Paesi dove il sesso a pagamento è legalizzato.

    La Svezia ha imboccato la strada opposta a quella della Germania, decidendo di vietare nuovamente la prostituzione e condannando gli uomini che pagano in cambio di prestazioni sessuali. Una decisione che ha visto diminuire la percentuale di uomini che hanno rapporti con delle prostitute da uno su otto a uno su dodici e la diminuzione del numero totale di prostitute da circa 2.500 a circa 1.000. La pena per i clienti delle prostitute è fissata a 12 mesi di carcere.

    Ma la Svezia non può essere un modello per la Germania, almeno stando a quanto dichiarato da Volker Beck, uno dei tre pionieri della legge del 2001: “Un divieto non migliora nulla, perché non impedirà che il fatto accada in luoghi che sarebbero difficili da controllare”.

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