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    La fotografa Leila Alaoui è morta nell’attentato in Burkina Faso

    Si trovava a Ouagadougou per un lavoro che le era stato commissionato da Amnesty International: avrebbe dovuto realizzare un servizio incentrato sui diritti delle donne

    Di TPI
    Pubblicato il 20 Gen. 2016 alle 12:07 Aggiornato il 9 Set. 2019 alle 19:32

    Fra le vittime dell’attacco terroristico di Ouagadougou, in Burkina Faso, compiuto venerdì 15 gennaio 2016 e rivendicato da al Qaeda, ci sono anche la fotografa Leila Alaoui e il suo autista, Mahamadi Ouédraogo. Lo ha reso noto martedì 19 gennaio Amnesty International in un comunicato stampa.

    “Con enorme tristezza apprendiamo della tragica morte di Leila Alaoui, fotografa, e del suo accompagnatore Mahamadi Ouédraogo, in seguito all’attacco terroristico compiuto nella capitale del Burkina Faso. Leila è stata colpita due volte, alla gamba e al torace, ed è stata trasportata con urgenza all’ospedale. Le sue condizioni sono apparse stabili in un primo momento. La morte è stata causata da un attacco cardiaco sopraggiunto in seguito”. 

    Sale così a 30 il bilancio delle vittime dell’attentato.

    Leila si trovava a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, per un lavoro che le era stato commissionato da Amnesty International: avrebbe dovuto realizzare un servizio fotografico incentrato sui diritti delle donne. Quando si è verificato l’attacco da parte del gruppo armato, lei e il suo autista erano parcheggiati davanti al Cafè Capuccino. 

    Leila Alaoui era una fotografa franco-marocchina, nata a Parigi nel 1982. Dopo aver studiato fotografia a New York, ha trascorso molto tempo fra il Marocco e il Libano.

    Attraverso i suoi lavori, la giovane fotografa ha voluto esplorare temi come l’immigrazione, l’identità culturale e le storie di migranti. Le sue immagini ritraggono così le realtà sociali con un linguaggio visivo che unisce la profondità narrativa e documentaria alla sensibilità estetica dell’arte. 

    Nel novembre 2013, Leila su incarico del Consiglio per i rifugiati danese (DRC) in Libano e la Commissione Europea realizzò un progetto fotografico all’interno di un campo profughi di Beirut. In quella circostanza entrò in contatto con uomini, donne e bambini fuggiti dalla guerra in Siria. 

    (Una bambina mentre gioca con un triciclo immortalata da Leila Alaoui durante il suo periodo trascorso in un campo profughi in Libano

    I suoi scatti sono stati esposti in tutto il mondo, dall’Istituto del mondo arabo di Parigi, alla galleria Art Dubai negli Emirati Arabi Uniti, fino alla Casa europea della fotografia di Parigi. Il direttore della galleria parigina, Jean-Luc Monterosso, la ricorda come “una delle fotografe più promettenti della sua generazione. C’era una luce interna che illuminava sia lei e il suo lavoro”. 

    Molti suoi ritratti sono stati esposti in mostre e gallerie a New York, Argentina, Paesi Bassi, Spagna e Svizzera. Le sue foto sono apparse anche sul New York Times e su Vogue. 

    (Una foto scattata da Leila Alaoui per il New York Times. Credit: Leila Alaoui)

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