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    Cosa vede Facebook quando ti innamori

    Quando i dati accumulati dalla celebre piattaforma di social network raccontano l'inizio di un amore

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 19 Feb. 2015 alle 17:10 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 08:09

    Un post di Facebook Data Science ha rivelato come spesso l’amore nascente passi anche attraverso la bacheca del social network.

    Gli scienziati dell’azienda hanno studiato un campione di post anonimi di utenti di tutto il mondo, che hanno cambiato il loro status da “Single” a “Impegnato” tra aprile 2010 e ottobre 2013.

    Alcuni grafici mostrano come nel periodo del corteggiamento – individuato nei 100 giorni antecedenti l’inizio della relazione – il numero dei post scambiati dalla futura coppia aumenta lentamente ma costantemente.

    Il dodicesimo giorno prima che la relazione cominci si osserva un picco di 1,67 post scambiati in media tra le future coppie. Mentre dopo il “giorno 0”, che indica l’inizio della relazione, e nei 100 giorni successivi la media dei post condivisi comincia a diminuire, raggiungendo 1,53 post al giorno l’ottantacinquesimo giorno dopo l’inizio della relazione.

    (Credits: Facebook)

    “Presumibilmente”, scrive Carlos Diuk di Facebook Data Science, “le coppie decidono di passare più tempo insieme, il corteggiamento è finito, e le interazioni online lasciano spazio a più interazioni nel mondo fisico”.

    Ma anche se il numero di post condivisi tra la coppia diminuisce, Diuk rileva che il loro contenuto rispecchia un miglioramento nell’umore degli utenti.

    Analizzando automaticamente una serie di post scritti in lingua inglese, gli scienziati hanno rilevato infatti che la percentuale di parole che esprimono emozioni positive (come “amore”, “bella”, “felice”) è maggiore della percentuale di parole che esprimono sensazioni negative (come “odio”, “ferito”, “cattivo “). Il miglioramento si registra a partire dal giorno 0, e ha un picco nel giorno 1.

    “L’analisi dei sentimenti è tutt’altro che una scienza perfetta”, ha scritto Robinson Meyer su The Atlantic. “I robot ancora non se la cavano bene col sarcasmo”.

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