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    Il secondo turno delle elezioni parlamentari in Iran

    31 sarebbero finora i seggi conquistati dai riformisti, 20 dai candidati indipendenti e 6 dai conservatori, e 11 ancora da assegnare

    Di TPI
    Pubblicato il 30 Apr. 2016 alle 12:36 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 18:04

    I candidati riformisti alleati del presidente Hassan Rouhani, hanno guadagnato un buon numero di seggi in parlamento, uscendo più forti dal secondo turno delle elezioni parlamentari in Iran. Il 29 aprile si è svolto infatti il secondo turno delle elezioni per rinnovare il Majlis, l’assemblea parlamentare. 

    Tuttavia appare improbabile che riusciranno ad aggiudicarsi la maggioranza assoluta. Il prossimo parlamento iraniano sarà più vicino a Rouhani dunque, anche se i conservatori rimangono comunque una forza di potere. 

    I seggi non ancora assegnati erano 68. In tutto i deputati sono 290, da eleggere in collegi uninominali. 

    Secondo l’agenzia di stampa Isna, 31 sarebbero finora i seggi conquistati dai riformisti, 20 dai candidati indipendenti e 6 dai conservatori, e 11 ancora da assegnare. Si attendono i risultati definitivi, che devono essere approvati del Consiglio dei Guardiani, un organismo di religiosi e giuristi vicini all’Ayatollah Ali Khamenei.

    Se questi risultati verranno confermati, né i moderati né i conservatori avranno la maggioranza assoluta nel prossimo parlamento, che terrà la seduta inaugurale il prossimo 27 maggio. L’equilibrio di potere sarà determinato dagli indipendenti.

    Al primo turno i moderati avevano ottenuto circa 90 seggi, i conservatori 112 e gli indipendenti 29. 

    I conservatori continueranno comunque a esercitare il potere attraverso una serie di organismi non eletti del sistema politico iraniano, tra cui la magistratura, il Consiglio dei Guardiani, e vari ambiti delle forze di sicurezza.

    Rouhani, che è salito al potere nel 2013 con l’impegno di porre fine all’isolamento internazionale dell’Iran, ha visto il suo sostegno aumentare notevolmente dopo il raggiungimento dell’accordo sul nucleare, che ha portato alla revoca delle sanzioni internazionali nel mese di gennaio 2016.

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