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    Le prime elezioni degli indipendenti nella storia del Messico

    Il 7 giugno in Messico si tengono le elezioni con cui 83 milioni di cittadini eleggeranno 500 deputati federali, 9 governatori e mille sindaci

    Di Guendalina Maria Anzolin
    Pubblicato il 7 Giu. 2015 alle 14:20 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 19:23

    Lo chiamano El bronco – il brusco – e l’atteggiamento spesso arrogante e sufficiente con cui si pone nei confronti di chi lo ascolta e di chi lo intervista fa intuire l’origine dell’appellativo.

    Jaime Rodríguez Calderón risponde a tutte le domande dei giornalisti, anche le più scomode, come quando gli si chiedono informazioni sulla sua ex moglie. Secondo alcune indiscrezioni, la donna – che soffre di sclerosi multipla – sarebbe stata vittima di violenza domestica, ma Rodríguez ha sempre negato ogni accusa.

    Rodríguez risponde anche alle domande sui finanziamenti della sua campagna elettorale, raccontando orgoglioso di come un gruppo di cinquanta amici abbia donato 10mila pesos al mese (circa 570 euro) per far nascere e sostenere l’iniziativa.

    “Stiamo per cambiare la storia”, dice Calderón in un’intervista pubblica. “Stiamo per dimostrare alla gente che in questo Paese non c’è bisogno di denaro né di partiti, ma solo di qualcuno che faccia cambiare verso alle cose”.

    Dopo la riforma costituzionale del 2012, il sette giugno 2015 in Messico si terranno le elezioni di metà mandato, con cui oltre 83 milioni di cittadini eleggeranno 500 deputati federali, i governatori di nove stati e i sindaci di mille comuni.

    Non solo: per la prima volta nella storia, si potrà votare per candidati independientes, che non appartengono a nessun partito politico. Si tratta di una svolta storica per il Paese.

    Per Jaime Rodríguez Calderón non è facile presentarsi come candidato indipendente agli occhi di un Paese che conosce molto bene il suo nome. Ha 57 anni e da oltre trenta ha iniziato una lunga carriera di incarichi pubblici. Meno di un anno fa ha abbandonato il suo Pri (Partido Revolucionario Institucional), attualmente al governo, per candidarsi senza partito.

    “Rodríguez non è forse la novità di cui abbiamo bisogno, ma ha sacrificato molto per questo Paese e potrebbe segnare un nuovo cammino”, dice Daniel, uno studente universitario di Monterrey.

    Nel 2009, dopo la sua elezione a sindaco di Garcìa, nel nordest del Paese, Rodríguez ha iniziato una lunga lotta contro gli Zetas, il cartello di narcotrafficanti più potente e più radicato in Messico. Non è stata una battaglia facile e gli è costata il rapimento della figlia di due anni e l’uccisione del figlio di ventidue, rapito e trovato morto dopo sette giorni.

    La sua storia politica fa sì che non si possa definire un indipendente puro. Eppure, una piccola rivoluzione l’ha già cominciata.

    “Ho deciso di correre la mia gara fuori e contro il sistema”, spiega Rodríguez.

    Nella sua campagna elettorale non c’è spazio per magliette, cappellini, buoni-pasto del supermercato e quant’altro: strumenti da sempre utilizzati nelle campagne messicane di tutti i livelli. Rodríguez Calderón ha usato i social network in maniera efficace, per la prima volta nella storia del Paese.

    “Comunque vada, queste elezioni passeranno alla storia come le prime in cui i social media hanno avuto un ruolo strategico, senza supporto delle grandi tv di Stato”, sostiene Miguel Treviño, attivista anti-corruzione che lavora a Monterrey.

    Secondo gli ultimi sondaggi, sono due gli independientes dati per favoriti: Rodríguez Calderón, nello stato federale messicano di Nuevo Leon, e l’universitario Pedro Kukamoto, nello stato federale di Jalisco, potrebbero essere i primi governatori indipendenti nella storia messicana.

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