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    Elezioni farsa ad Hong Kong: i candidati filo-cinesi senza opposizione

    Credit: Ansa foto
    Di Sofia Gadici
    Pubblicato il 19 Dic. 2021 alle 16:08

    Giorno di elezioni a Hong Kong: l’appuntamento è tanto atteso quanto ricco di incognite. Il voto si tiene a più di un anno di distanza dal suo ultimo rinvio, dalla conseguente proroga dei legislatori in carica, con il nuovo sistema elettorale e dopo i mesi di proteste degli attivisti pro-democrazia.

    Dei 90 membri del nuovo Consiglio legislativo solo 20 saranno eletti con il voto popolare. Altri 40 saranno nominati dal Comitato elettorale (vicino a Pechino) e 30 saranno scelti tra i rappresentanti delle professioni legate al governo.

    L’opposizione

    A preoccupare è la possibilità che la bassa affluenza alle urne possa favorire l’elezione dei candidati vicini alla linea di politica autoritaria cinese. Pechino vuole che nel nuovo Consiglio legislativo (Parlamento cittadino) siedano solo rappresentanti “patriottici”, cioè fedeli al Partito comunista cinese. Il nervosismo delle autorità si evince, anche, dai mandati di arresto emessi in questi giorni contro cinque attivisti pro-democrazia.

    In larga parte le forze pro-democrazia hanno rinunciato a candidarsi. Dopo il vaglio del Comitato per la sicurezza nazionale, solo 11 candidati sui 153 ammessi si dichiarano estranei al fronte filo-Pechino. La triste realtà è che il fronte pro-democrazia non è mai stato così debole. Tutte le principali personalità democratiche sono in carcere, sotto indagine o in auto-esilio.

    Le autorità hanno vietato il tradizionale raduno pro-democrazia come misura di prevenzione sanitaria per contenere la pandemia da Covid-19. Condannato anche l’attivista e magnate cattolico dei media Jimmy Lai. Gli sono stati comminati 13 mesi di detenzione per reati connessi con la draconiana legge sulla sicurezza nazionale voluta da Pechino per reprimere il fronte democratico.

    Le stime dell’astensionismo

    Dall’ultimo sondaggio dell’Hong Kong Public Opinion Research Institute (Pori) emerge che il 36% degli intervistati è orientato a non votare alle elezioni. Si tratta di un aumento del 3% rispetto al dato di due settimane fa e un minimo storico per la città.

    L’agenzia AsiaNews sottolinea che il nuovo sistema elettorale rappresenta un attacco all’autonomia riconosciuta alla città fino al 2047, dopo il suo ritorno sotto la sovranità cinese nel 1997. Le autorità spingono, da parte loro, per una forte affluenza per legittimare la riforma del voto, anche se la governatrice filo-cinese Carrie Lam minimizza: per la guida dell’esecutivo una scarsa partecipazione potrebbe significare che i cittadini sono “soddisfatti” del governo e non sentono la necessità di “scegliere deputati diversi” per controllare il suo operato.

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