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    Come le città possono difendersi dagli attacchi terroristici stradali

    Credit: Reuters/Sergio Perez

    Gli attentati compiuti con i veicoli possono essere impediti con alcuni accorgimenti, ma è impossibile ridurre il rischio a zero

    Di Andrea Lanzetta
    Pubblicato il 18 Ago. 2017 alle 15:36 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 01:52

    Le autorità spagnole sono state criticate da residenti e turisti di Barcellona per le falle nella sicurezza che non hanno impedito all’attentatore delle Ramblas di travolgere la folla dopo aver percorso almeno 530 metri a una velocità media di 80 chilometri orari.

    Dall’inizio del 2017 questo è stato il quinto attacco terroristico in Europa a essere compiuto con un veicolo, dopo quello di Londra, avvenuto il 22 marzo e che ha ucciso quattro persone ferendone almeno 50; quello di Stoccolma, compiuto il 7 aprile e che ha ucciso 5 persone ferendone almeno 15; un altro eseguito nella capitale britannica il 3 giugno che ha causato 8 vittime e ferito almeno 50 persone; e l’ultimo, sempre compiuto nella città del Big Ben, quando Darren Osborne uccise una persona al di fuori di una moschea a Finsbury Park, ferendone altre 10.

    Dopo gli attentati in Catalogna, il sindaco di Nizza, Christian Estrosi, ha chiesto ai sindaci delle maggiori città europee di riunirsi in Costa Azzurra a settembre per discutere delle possibili nuove contromisure contro la minaccia terroristica. La città della Costa Azzurra subì il 14 luglio 2016 un attentato in cui morirono 86 persone e dove almeno altre 300 furono ferite.

    “Non vinceremo la guerra seguendo le regole valide durante la pace”, ha detto Estrosi.

    Ma è possibile contrastare la minaccia proveniente dai veicoli usati come arma per uccidere più persone possibile?

    Le prima contromisura che viene subito in mente è l’installazione in strada di barriere – in metallo o in cemento – che impediscano a camion o automobili di prendere velocità e di proseguire per lunghe distanze.

    Questo tipo di ostacoli possono essere molto visibili, come i blocchi di cemento posti al di fuori del parlamento britannico a Londra, oppure possono essere semplicemente arredi urbani, come pesanti vasi, fontane o sculture presenti sulle nostre strade, specialmente nei centri storici.

    Un’altra opzione è rappresentata da un nuovo tipo di progettazione urbanistica che tiene conto anche di questa minaccia. Le strade possono essere ridisegnate per impedire ai veicoli di raggiungere determinati obiettivi sensibili e di viaggiare a certe velocità in determinate zone della città.

    Ma è importante capire che fermare gli attacchi terroristici compiuti con veicoli usati come arma non è molto diverso dall’impedire attentati perpetrati con armi da fuoco o esplosivi.

    Impedire questo tipo di attentati dipende da diversi fattori: dalle capacità e dalle attività dell’intelligence, da quelle delle forze di sicurezza, dalla sensibilizzazione del pubblico ai temi della sicurezza e dall’integrazione tra le diverse comunità presenti sul territorio.

    Perché è impossibile ridurre il rischio a zero

    Dopo che un autocarro, guidato dal tunisino Anis Amry, si lanciò sulla folla al mercatino di Natale di Berlino nel dicembre 2016, il capo della polizia della città, Klaus Kandt, sottolineò che di fronte a tanti bersagli potenziali – allora erano stati aperti almeno duemila e cinquecento mercati di Natale in Germania e solo 60 nella capitale tedesca – era impossibile ridurre davvero il rischio a zero.

    Uno dei maggiori problemi è che questa modalità di attacco prevede molteplici bersagli, non solo quelli simbolici, e che i potenziali attentatori potrebbero colpire anche al di fuori dei centri storici o delle località turistiche.

    I luoghi di culto, per esempio, possono essere oggetto di attentati, realizzati sia con veicoli che con altre modalità, e nelle città europee ce ne sono migliaia di siti sensibili di questo tipo. Si ricordi infatti l’attacco contro alcuni fedeli musulmani a Londra, perpetrato al di fuori della moschea di Finsbury Park e che uccise una persona ferendone altre 10, oppure l’uccisione di un sacerdote cattolico in Normandia, avvenuta in una chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray, in Francia.

    L’obiettivo di questo tipo di attacchi non è più quello di colpire luoghi simbolici, ma di uccidere il maggior numero possibile di persone.

    Nel 2010, la rivista online Inspire, creata da al-Qaeda nella penisola araba, invitò i jihadisti a identificare le aree pedonali e usare veicoli lanciati ad alta velocità contro i passanti per “fare una vera e propria carneficina di infedeli”.

    Un video propagandistico del 2014 prodotto dal sedicente Stato islamico ha poi incoraggiato i simpatizzanti francesi del gruppo a utilizzare automobili per uccidere civili, agenti di polizia e soldati che pattugliano le strade.

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