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    La confessione forzata dell’editore dissidente di Hong Kong

    Lam Wing Kee era stato arrestato lo scorso anno con l’accusa di commercio di libri illegali ed era stato costretto a recitare una falsa confessione in diretta tv

    Di TPI
    Pubblicato il 16 Giu. 2016 alle 15:30 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 22:13

    Lam Wing Kee, uno dei cinque editori di Hong Kong rapiti e incarcerati dalle forze dell’ordine cinesi a ottobre 2015, ha affermato che la confessione per reati da lui commessi andata in onda sulla tv di stato cinese, in realtà era stata forzata dalle autorità di Pechino.

    Nello specifico, i cinque avevano ammesso di aver commesso il reato di “commercio di libri illegali”

    Lam Wing Kee era scomparso insieme agli altri colleghi della piccola casa editrice Causeway Bay Books mentre si trovava in Cina, a Shenzen, per fare visita alla moglie. In seguito, è stato reso noto che erano stati arrestati tutti quanti nel giro di pochi giorni.

    Gli editori, infatti, pubblicavano opere fortemente critiche nei confronti della leadership cinese. La pubblicazione di una serie di libri scandalistici sul presidente cinese Xi Jinping aveva fatto scattare la censura.

    Lam Wing Kee ha tenuto una conferenza stampa giovedì 16 giugno durante la quale ha detto che la confessione che aveva dovuto fare in diretta televisiva era uno show con tanto di copione: “dovevo seguirlo alla lettera, altrimenti mi avrebbero comunque fatto rigirare la scena”.

    La vicenda aveva scatenato grandi proteste a Hong Kong, regione amministrativa speciale resasi indipendente dal Regno Unito nel 1997 e legata alla Cina da un principio denominato “un paese, due sistemi”, il quale prevede un alto grado di autonomia legislativa e giuridica.

    In particolare, la detenzione arbitraria dei cinque editori è il caso recente più noto di violazione dei diritti umani e ingerenza politica da parte del governo di Pechino nei confronti di Hong Kong.

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