Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Esteri
  • Home » Esteri

    Condannato a 25 anni l’eroe di “Hotel Rwanda”: salvò 1.200 persone dal genocidio

    Di Giulio Alibrandi
    Pubblicato il 21 Set. 2021 alle 18:27 Aggiornato il 21 Set. 2021 alle 18:31

    Condannato a 25 anni l’eroe di “Hotel Rwanda”: salvò 1.200 persone dal genocidio

    Da eroe nazionale al carcere per terrorismo. Paul Rusesabagina, l’ex albergatore ruandese diventato celebre in tutto il mondo per aver salvato più di mille persone di etnia tutsi durante il genocidio del 1994 in Ruanda, è stato condannato nel suo paese di origine a una pena di 25 anni per aver fondato e finanziato un’organizzazione terroristica.

    Rusesabagina, il cui impegno umanitario era stato immortalato nel film “Hotel Rwanda” del 2004, nel corso degli anni è diventato sempre più critico del presidente Paul Kagame, ex comandante tutsi al potere in Ruanda da più di venti anni.

    Durante la guerra tra hutu e tutsi del 1994, in cui persero la vita più di un milione di persone in soli 100 giorni, Rusesabagina si distinse per aver ospitato nell’albergo di cui era direttore più di 1.200 tutsi, riuscendo a trattare con i miliziani hutu per sventare un attacco da parte di centinaia di combattenti armati di “lance, machete e fucili”, come raccontato nella sua autobiografia.

    Il film ispirato alla sua storia, valso una nomination agli Oscar all’attore che lo aveva interpretato, Don Cheadle, lo aveva reso una celebrità a livello globale, portandolo a ricevere la Presidential Medal of Freedom, la più alta onorificenza civile degli Stati Uniti, da George W. Bush nel 2005.

    Rusesabagina, che dopo il conflitto in Rwanda aveva ottenuto asilo in Belgio dove faceva il tassista, negli ultimi anni ha usato la sua fama per denunciare le violazioni dei diritti umani da parte del governo Kagame, accusato questa volta di violare i diritti degli hutu.

    Dopo essere stato rimpatriato l’anno scorso in quello che la sua famiglia ha definito un “sequestro”, lo “Schindler africano” è stato arrestato e accusato di aver sostenuto il Fronte di liberazione nazionale (Fln), braccio armato del gruppo di oppositori all’estero di cui Rusesabagina era alla guida, il Movimento per il cambiamento democratico (Mrcd).

    Il 67enne, che negli scorsi mesi aveva deciso di ritirarsi dal processo sostenendo non fossero garantiti i suoi diritti di imputato, ha negato che il Fln sia un gruppo terroristico. “Non nego che l’Fln abbia commesso crimini ma il mio ruolo era la diplomazia”, ha detto. L’organizzazione si è dichiarata in parte responsabile per alcuni attentati compiuti nel 2018 e nel 2019 nel sud del Paese, che hanno causato la morte di 9 ruandesi.

    Il presidente Kagame ha smentito che Rusesabagina sia stato costretto con la forza a venire in Ruanda, parlando di un semplice errore. Durante il processo, la persona che lo accompagnato in viaggio da Dubai ha riferito di averlo ingannato, facendogli che si stava recando in Burundi.

    “Questo verdetto non significa nulla per noi. Nostro padre è stato rapito”, ha detto ad al-Jazeera la figlia Carine Kanimba, definendo il padre un “prigioniero politico”. “Mio padre sa che i suoi diritti sono stati violati (…) ecco perché ha deciso di uscire dal processo, è tutto politico”, ha detto.

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version