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    “Ci hanno tolto diritti e sogni”: su TPI le testimonianze dei bambini che rischiano di perdere la casa in Cisgiordania

    Bambini palestinesi nella Striscia di Gaza. Credit: EPA/MOHAMMED SABER

    L'allarme di Save The Children: "Con l'annessione della Cisgiordania da parte di Israele 25mila bambini rischiano di rimanere senza tetto". I minori più esposti al rischio di conflitti e insicurezza

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 1 Lug. 2020 alle 17:45 Aggiornato il 1 Lug. 2020 alle 17:50

    “Ci hanno tolto diritti e sogni”: le voci dei bambini che rischiano di perdere la casa in Cisgiordania

    Sono 25mila i bambini che rischiano di restare senza una casa e di essere esposti al rischio di conflitti e insicurezza in Cisgiordania se il governo israeliano si impossesserà in modo permanente del territorio palestinese occupato, annettendo zone che oggi ospitano circa 80mila palestinesi. “Ho paura che non avremo più spazio per vivere e crescere. Avremo spazio per correre e giocare senza sbattere contro un checkpoint?”, si chiede Niveen, 12 anni, la cui testimonianza – pubblicata in esclusiva da TPI – è stata raccolta dall’Organizzazione internazionale Save the Children insieme a quelle di altri bambini della Cisgiordania.

    Nel territorio palestinese, dove, le demolizioni sono già in aumento e dall’inizio dell’anno le distruzioni di proprietà dei palestinesi sono già cresciute del 250 per cento, l’attuazione del piano del governo sull’annessione rischia sradicare ulteriormente questi bambini e le loro famiglie. “Quando vedo soldati, armi, missili e posti di blocco provo molta paura. Vorrei soltanto potermi sentire libera e al sicuro”, dice Ola, 14 anni. “Quando penso al mio futuro, vedo tante mancanze. Mancanza di diritti, mancanza di sogni”, racconta invece Ashraf, 13 anni, che con l’annessione rischia di perdere la propria casa.

    “Nell’ambito delle relazioni internazionali contemporanee sono pochi gli esempi di una svolta di questa portata storica e che, secondo molti osservatori, infliggerebbe un colpo fatale alla prospettiva di una soluzione a due Stati”, afferma a proposito dell’annessione Filippo Ungaro, portavoce di Save the Children. “Per decenni, la soluzione a due Stati è stata vista da molti come il modo per risolvere il conflitto e garantire l’autodeterminazione per entrambi i popoli che lo rivendicano come proprio. È anche l’unica soluzione che tiene conto delle prospettive delle generazioni di palestinesi che vivono in queste terre da secoli”.

    “Il diritto internazionale parla chiaro sull’annessione: è illegale”, prosegue il portavoce. “Inoltre, metterebbe in pericolo i diritti dei bambini, il loro diritto a sopravvivere, alla salute, all’istruzione e alla protezione”. Il rischio è che, con la possibile dissoluzione dell’Autorità Palestinese (PA) vengano meno servizi vitali per i bambini, come acqua, sanità, istruzione. Oltre il 70 per cento delle scuole in tutto il territorio palestinese occupato infatti è gestito dal governo e rischia di chiudere se l’Autorità Palestinese dovesse cessare di esistere.

    “Il mio appello al mondo è di ascoltare la mia voce e la voce di ogni bambino palestinese. Se ci ascoltate, vi preghiamo di liberarci”, dice Khaled, 12 anni. “Facciamo appello a Israele, ai palestinesi e ai leader mondiali affinché ascoltino le voci dei bambini, non diano seguito all’annessione e si impegnino invece a portare avanti negoziati seri per raggiungere un accordo duraturo che garantisca sicurezza e dignità a tutti”, dichiara Ungaro. “Generazioni di bambini palestinesi sono cresciute conoscendo nient’altro che conflitti e occupazioni. L’annessione negherebbe loro la possibilità di un futuro diverso. Azioni unilaterali di vasta portata come l’annessione rischiano di provocare conseguenze imprevedibili e dannose per i bambini sia israeliani che palestinesi. L’unico modo per dare ai bambini palestinesi e israeliani il futuro al quale hanno diritto è quello di seguire un processo di pace che includa i palestinesi e che abbia a cuore i diritti e il superiore interesse di tutti i bambini”.

    Israele e annessione della Cisgiordania: cosa sta succedendo

    Il governo israeliano aveva indicato il 1 luglio come la data a partire dalla quale procedere con l’iniziativa unilaterale di annessione della Valle del Giordano e di 235 insediamenti illegali che costituiscono quasi un terzo della Cisgiordania. Ieri tuttavia il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che il governo “continuerà a lavorare” sull’annessione di parte della Cisgiordania “nei prossimi giorni”, lasciando intendere che la scadenza da lui stesso fissata non verrà rispettata.

    L’annuncio è arrivato dopo che Netanyahu ha incontrato l’ambasciatore Usa a Gerusalemme, David Friedman, e l’inviato speciale americano per il Medio Oriernte, Avi Berkowitz, per discutere dell’annessione nel quadro del piano di pace in Medio Oriente del presidente statunitense Donald Trump. In mancanza dell’ok degli Usa, la decisione è stata quindi rinviata.

    Intanto il movimento di resistenza islamico Hamas, che governa la Striscia di Gaza, ha indetto oggi una ‘giornata della rabbia‘ contro l’iniziativa israeliana. Migliaia di palestinesi hanno accolto l’appello e sono quindi scesi in piazza a manifestare. “La resistenza vanificherà il piano del nostro nemico per dividere la nostra patria”, ha affermato il portavoce di Hamas, Hazim Qasim.

    L’annessione unilaterale della Cisgiordania da parte di Israele porterebbe i palestinesi a lasciare le proprie case e le proprie terre natie per far posto alle famiglie israeliane che si trasferirebbero nell’area. Al rischio di restare senza un tetto e un lavoro, per le famiglie palestinesi si affiancherebbe anche quello di una recrudescenza del conflitto. Oggi l’Ong Amnesty International ha esortato Israele ad abbandonare i piani di annessione di parte della Cisgiordania “che violano le leggi internazionali e aggravano decenni di sistematiche violazioni dei diritti umani contro i palestinesi”.

    In questo articolo i nomi utilizzati per i bambini sono di fantasia per tutelare la loro privacy

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