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    Cinque poesie per ricordare Emily Dickinson

    La poetessa conduceva una vita ritirata e ha raggiunto il successo solo dopo la sua morte, avvenuta il 15 maggio 1886

    Di TPI
    Pubblicato il 15 Mag. 2017 alle 08:31 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 01:09

    Emily Dickinson è nata ad Amherst, una cittadina del Massachusetts, il 10 dicembre 1830.

    Ha trascorso tutta la vita nella stessa casa dove riceveva pochissime persone, vivendo separata del mondo e rifugiandosi nella contemplazione della natura e nella poesia.

    Nonostante il suo isolamento fisico, nei versi dell’autrice si riflette l’America del suo tempo e questo ha fatto sì che, dopo la sua morte, diventasse la poetessa più amata negli Stati Uniti.

    Alla sua morte, avvenuta il 15 maggio 1886, la famiglia portò alla luce quaranta volumi che contenevano complessivamente quasi 1.800 poesie scritte e rilegate a mano dalla stessa autrice. Il suo primo libro di poesie è stato pubblicato postumo nel 1890 e l’ultimo nel 1955.

    Per ricordarla TPI ha scelto cinque delle sue poesie, tradotte e pubblicate a cura di Giuseppe Ierolli:

    L’Anima dovrebbe sempre star socchiusa

    Perché ove il Cielo chieda

    Non sia obbligato ad aspettare

    O temendo di disturbarla

    Se ne vada, prima che Lei faccia scorrere

    Il Chiavistello nella Porta

    Per scoprire che il cortese Ospite,

    Il Suo Visitatore, non c’è più –

    Non ho mai visto una Brughiera –

    Non ho mai visto il Mare –

    Eppure so come appare l’Erica

    E che cos’è un’Onda –

    Non ho mai parlato con Dio

    Né visitato il Cielo –

    Eppure certa son io del luogo

    Come se il Biglietto fosse consegnato –

    Non posso vivere con Te –

    Sarebbe Vita –

    E la vita è di là –

    Dietro lo Scaffale

    Il Becchino ne tiene la chiave –

    Per riporre

    La nostra Vita – la Sua Porcellana –

    Come una Tazza –

    Scartata dalla Massaia

    Antiquata – o Rotta –

    Un Sèvres più nuovo piace –

    Quelli vecchi s’incrinano –

    Non potrei morire – con Te –

    Perché Uno deve aspettare

    Per chiudere l’Inerte Sguardo dell’Altro –

    Tu – non potresti –

    Ed io – Potrei star lì

    E vederti – gelare –

    Senza il mio Diritto al Gelo –

    Privilegio della Morte?

    Né potrei risorgere – con Te –

    Perché il Tuo Volto

    Scaccerebbe quello di Gesù –

    Quella Nuova Grazia

    Splenderebbe evidente – ed estranea

    Nei miei occhi nostalgici –

    Tranne che Tu di Lui

    Brillassi più vicino –

    Come – potrebbero giudicarci – 

    Perché Tu – servisti il Cielo – lo sai,

    O cercasti di farlo –

    Io non potei –

    Poiché Tu saturavi il vedere –

    E io non avevo più occhi

    Per una sordida perfezione

    Come il Paradiso

    E fossi Tu perduto, io lo sarei –

    Anche se il mio nome

    Risuonasse più forte

    Nella fama Celeste –

    E fossi Tu – salvato –

    E io – condannata ad essere

    Dove Tu non sei –

    Quell’essere – sarebbe l’Inferno per me –

    Così Noi dobbiamo incontrarci da lontano –

    Tu là – io – qui –

    Con appena una Porta socchiusa

    Affinché Oceani vi siano – e Preghiera –

    E quel Bianco Nutrimento –

    Disperazione –

    Egli mi toccò, così io vivo per sapere

    Che un tale giorno, così Accettata –

    Indugiai – sul suo petto –

    Era uno spazio illimitato per me

    E reso silenzioso, come l’imponente Mare

    Rende tranquille le insignificanti correnti.

    E ora, sono diversa da prima,

    Come se respirassi un’aria superiore –

    O mi muovessi leggera in Vesti Regali –

    I miei piedi, anche, che tanto vagarono –

    Il mio volto da Zingara – trasfigurati ora –

    A più tenera Fama –

    In questo Porto, se io potessi giungere,

    Rebecca, a Gerusalemme,

    Non si volgerebbe così rapita –

    Né un Persiano, confuso al suo altare

    Leverebbe un tal segno di Croce

    Al suo Sole imperiale.

    Poiché non potevo fermarmi per la Morte –

    Lei gentilmente si fermò per me –

    La Carrozza non portava che Noi Due –

    E l’Immortalità –

    Procedemmo lentamente – non aveva fretta

    Ed io avevo messo via

    Il mio lavoro e il mio tempo libero anche,

    Per la Sua Cortesia –

    Oltrepassammo la Scuola, dove i Bambini si battevano

    Nell’Intervallo – in Cerchio –

    Oltrepassammo Campi di Grano che ci Fissava –

    Oltrepassammo il Sole Calante –

    O piuttosto – Lui oltrepassò Noi –

    La Rugiada si posò rabbrividente e Gelida –

    Perché solo di Garza, la mia Veste –

    La mia Stola – solo Tulle –

    Sostammo davanti a una Casa che sembrava

    Un Rigonfiamento del Terreno –

    Il Tetto era a malapena visibile –

    Il Cornicione – nel Terreno –

    Da allora – sono Secoli – eppure

    Li avverto più brevi del Giorno

    In cui da subito intuii che le Teste dei Cavalli

    Andavano verso l’Eternità –

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