Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Esteri
  • Home » Esteri

    Chi ha picchiato Cenerentola?

    Ovvero: perché reinterpretare i personaggi della Disney sta diventando un'ossessione

    Di Marco Picinotti
    Pubblicato il 24 Ago. 2014 alle 16:34 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 08:59

    Principesse Disney che si fanno i selfie. Cenerentola con l’occhio nero vittima dell’abuso domestico sulle donne. Jasmine violentata dal padre. Minnie che si fa un bong. Belle senza veli come Miley Cyrus.

    Da qualche mese a questa parte, artisti, blogger e fotografi hanno iniziato a immaginare e ridisegnare i principali personaggi della Disney. Siti e giornali online hanno dato ampio spazio a questo fenomeno, che con il tempo è diventato virale. Ma perché le icone della nostra infanzia vengono reinterpretate in modo così politicamente scorretto?

    Trasformare i personaggi Disney in depravati criminali e principesse violentate equivale a rivoltare completamente il tradizionale significato del “E vissero felici e contenti”. Le vittime di stupro, che siano principesse o meno, non hanno un finale felice.

    Quelle che un tempo riconoscevamo come figure modello ci si presentano oggi come esseri umani travolti dai problemi che, spesso, affliggono la nostra vita contemporanea e toccano le grandi tematiche del ventunesimo secolo: dalla corruzione alla libertà di stampa, passando per la violenza sessuale, l’immigrazione e la discriminazione sociale.

    La prima a squarciare il velo sulla sacralità di questi personaggi fu la scrittrice americana Peggy Orenstein, che nel 2006 criticò duramente il modello che la Disney aveva imposto negli anni a tutte le ragazze e i ragazzi del mondo.

    Ovvero: principesse dagli occhi grandi, donne dalla pelle bianca e candida, e vita stretta. Con un unico obiettivo nella vita: trovare un principe da sposare.

    Oggi, però, la libertà sulla rilettura di queste icone è andata ben oltre una semplice critica. Le principesse Disney non sono solamente cartoni animati, ma un franchising: un’azienda che fattura 1,5 miliardi di dollari all’anno solamente negli Stati Uniti. La Disney e i suoi personaggi sono un brand internazionale.

    Vedere le principesse ritratte in atteggiamenti diversi da quelli cui siamo soliti riconoscerle suscita facilmente la curiosità di chi per anni è cresciuto con quelle icone. Ed è proprio per questo che sui social network e i siti di mezzo mondo hanno potuto spopolare le parodie sui personaggi che più di ogni altra cosa ci portano indietro con gli anni a un senso di innocenza e genuinità.

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version