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    Che cosa sta facendo Erdogan in Turchia

    Il premier ha fatto arrestare due sindaci del capoluogo curdo Diyarbakir. Ha detto che il PKK dev'essere estirpato e che la pena di morte non è da escludere

    Di TPI
    Pubblicato il 28 Ott. 2016 alle 13:01 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:37

    Dopo la sospensione di ben tredicimila poliziotti decisa il 4 ottobre scorso – come atto di forza da parte delle autorità turche, in risposta al fallito golpe del 15 luglio scorso – il presidente Recep Tayyip Erdogan ha annunciato l’avvenuto rinnovamento in seno al dipartimento di polizia.

    In 61 province del paese si sono insediati i nuovi capi di polizia, dopo l’iter di epurazione messo in atto dal governo turco nei giorni successivi al fallito colpo di stato. 

    Rinnovando i vertici delle forze di polizia, il premier turco intende intensificare la lotta contro il partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), considerato fuorilegge.

    L’annuncio del nuovo piano d’insediamento è arrivato oggi, venerdì 27 ottobre, da parte dello stesso Erdogan in occasione di un incontro con i veterani e i parenti delle vittime rimaste coinvolte nei disordini scoppiati il 15 luglio scorso.

    LEGGI ANCHE: Chi è Erdogan

    La nuova assegnazione è avvenuta giovedì 26 ottobre ed è stata realizzata attraverso gli uffici di stanza a Istanbul. Nella lista sono comparsi nomi che hanno attirato immediatamente l’attenzione. Uno fra tutti il capo del dipartimento di polizia e dell’intelligence turca, Engin Dinç, noto per i suoi presunti legami con l’assassinio avvenuto nel 2007 del giornalista di origine armena Hrant Dink.

    Un anno fa, Engin Dinç e altri due ex capi della polizia, Reşat Altay e Ahmet İlhan Güler, erano stati accusati da un pubblico ministero di complicità nell’assassinio di Dink. 

    Intanto Erdogan ha immediatamente respinto le critiche di coloro che lo accusano di aver messo in atto una vera e propria repressione, all’indomani del colpo di stato fallito, e di aver agito in maniera indiscriminata contribuendo a causare ulteriori ingiustizie. 

    Il presidente ha poi chiamato in causa ancora una volta il suo nemico numero uno, Fethullah Gülen, il religioso in auto esilio negli Stati Uniti accusato di essere l’ispiratore e la mente del tentativo di colpo di stato del luglio scorso. 

    “Il nostro dovere è quello di adottare le misure necessarie perché tutti coloro coinvolti in atti di destabilizzazione possano poi redimersi di fronte alla legge, anche se si tratta del nostro parente più prossimo, perché abbiamo una responsabilità verso i nostri martiri e veterani”, ha aggiunto Erdogan. 

    Il premier turco ha poi fatto appello ancora una volta alla pena di morte che, a suo dire, il popolo giustamente invoca. 

    La pena capitale non è prevista nella costituzione turca, ma come lo stesso primo ministro turco Binali Yldirim aveva preannunciato all’indomani del tentato colpo di stato, il governo non ha escluso l’ipotesi di poter introdurre delle modifiche per far sì che un evento di quella portata non potesse nuovamente prendere corpo. 

    “I miei concittadini hanno il diritto di invocare la pena di morte. La sovranità, inoltre, spetta incondizionatamente alla nazione. Il nostro è un paese governato dalla democrazia, non esistono regole che esulino dalla decisione del popolo”, ha aggiunto Erdogan. 

    Le parole del presidente turco arrivano due giorni dopo l’arresto della sindaca di una città a maggioranza curda, Diyarbakir, nel sudest della Turchia, avvenuto martedì 25 ottobre.

    Gli arresti sono stati effettuati nell’ambito di un’indagine anti-terrorismo, secondo quanto riferito da un’agenzia di stampa governativa. 

    A finire in carcere Gultan Kisanak e il suo braccio destro, Firat Anli, con l’accusa di aver finanziato con i soldi del comune un’organizzazione terroristica. Le due sindache gestiscono congiuntamente la più grande città nel sudest del paese. 

    Gultan Kisanak era stata eletta nel 2014 ed era la prima sindaca donna nominata nella città di Diyarbakir. La donna è stata accusata di essere un membro del gruppo separatista curdo del PKK, che chiede l’autonomia nel sudest della Turchia.

    La polizia ha fermato Kisanak al suo arrivo all’aeroporto di Diyarbakir.

    Qualche ora prima del suo arresto, la sindaca aveva esortato una commissione parlamentare ad Ankara a indagare sugli episodi che avevano portato al fallimento delle trattative di pace tra il governo turco e i curdi.

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