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    Caso Huawei, la vicepresidente: “Gli Usa mentono, siamo affidabili”

    Di Donato De Sena
    Pubblicato il 21 Mag. 2019 alle 10:50 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 02:21

    La risposta di Huawei alle minacce che arrivano dall’America non è tardata ad arrivare. Il colosso cinese delle telecomunicazioni è finito nella lista nera del commercio dell’amministrazione Trump, Google ha bloccato gli aggiornamenti del sistema operativo Android per i dispositivi dell’azienda, i produttori di chip e microchip (Intel, Qualcomm, Xilinx, Broadcom) hanno congelato le loro forniture. Ieri è arrivata una nota della società. Oggi è stata pubblicata un’intervista della vicepresidente, Catherine Chen, al Corriere della Sera.

    Caso Huawei | La vicepresidente: “Gli Usa mentono”

    “Abbiamo passato diverso tempo – ha spiegato – a cercare un canale con il governo degli Stati Uniti. Volevamo mostrare loro che tipo di azienda siamo, sperando che i nostri sforzi potessero risolvere i malintesi. Abbiamo persino promesso che, se avessero avuto dubbi, avremmo cercato di trovare soluzioni per affrontare i rischi più rilevanti. Si sono sempre rifiutati”.

    E ancora: “Gli Stati Uniti – ha detto Chen – dovrebbero presentare prove a sostegno delle loro accuse, altrimenti si tratta di un comportamento menzognero. Credo che il loro naso stia crescendo sempre di più, ricordano Pinocchio”.

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    La vicepresidente di Huawei ha parlato anche della “possibilità che i Paesi europei possano adottare scelte simili a quelle americane”. “Non pensiamo – ha affermato – che ciò possa accadere in Europa. Huawei lavora con operatori locali da 10 o 20 anni. Hanno usato i prodotti Huawei. Le nostre soluzioni per 5G e altre tecnologie sono state sviluppate in collaborazione con le compagnie europee. Credo che prenderanno decisioni in modo indipendente”.

    Sull’accusa di essere eteroguidati dal governo di Pechino, Chen ha detto che “Huawei prende le sue scelte strategiche in modo indipendente, senza alcuna interferenza da parte del governo cinese o del Partito comunista”. “Secondo il diritto societario cinese – ha aggiunto -, tutte le società operanti in Cina devono istituire un comitato all’interno della propria organizzazione se hanno più di tre membri del partito tra i propri dipendenti. Tuttavia il comitato di partito non interferisce nelle nostre operazioni quotidiane”.

    Caso Huawei | “Il problema non è tecnologico, ma geopolitico”

    Un’intervista è stata rilasciata anche dal presidente di Huawei Italia, Luigi De Vecchis. “Stiamo assistendo a un dibattito basato su assunti senza fondamento”, il problema è piuttosto “di natura geopolitica”, ha detto al Sole 24 Ore. Il presidente ha messo in guardia che il prezzo da pagare rischia di essere “il ritardo nella digitalizzazione dell’Europa e dell’Italia”.

    De Vecchis ha commentato anche le accuse di spionaggio da parte degli Usa. “Auspico che l’Italia parli con gli Usa per cercare di riportarli sulle giuste posizioni. Perché qui il problema non è tecnologico”. “Una rete di telecomunicazioni risponde a standard ben precisi. Quello che può arrivare all’esterno arriva come materiale crittografato, indecifrabile e la rete trasporta questi dati senza possibilità di controllo sul contenuto. Questo è lo stato delle cose. Per questo parlo di accuse infondate e di problema non legato alla tecnologia in cui Huawei invece, è avanzata a livello mondiale perché ha investito più e meglio degli altri”.

    Sul rischio di licenziamenti in Italia o in Europa: “Con la potenza che ha sul fronte della ricerca e sviluppo la società ha tutte le carte in regola per operare. Potrebbe farsi un suo sistema operativo e prendere le contromisure adeguate”, osserva, “i cinesi non sono sprovveduti”.

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