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    Cambiamento climatico, l’allarme degli scienziati. “Pianeta a rischio entro il 2030”

    Credits: AFP

    Secondo il rapporto delle Nazioni Unite se le temperature aumentassero di 1,5 gradi entro la fine del secolo sarebbe a rischio la vivibilità del pianeta

    Di Massimo Ferraro
    Pubblicato il 9 Ott. 2018 alle 09:36 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 00:28

    L’ultimo rapporto delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico rende pressoché inutili gli impegni presi con gli Accordi di Parigi nel 2015.  Se allora era stato fissato in 2°C l’aumento massimo consentito delle temperature entro la fine del secolo per evitare la catastrofe, secondo il nuovo report il riscaldamento globale va contenuto ulteriormente, entro 1,5°C, altrimenti si mette a rischio la vivibilità del pianeta.

    La ricerca è dell’Ipcc, gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, e si basa su oltre 6 mila paper di 91 scienziati di 40 paesi diversi. Viene fuori che la temperatura media del decennio 2006-2015 è cresciuta tra 0,77 e 0,79 gradi rispetto al periodo di riferimento 1850-1900 e che l’effetto dell’azione umana è stato determinante.

    Se si continuasse così, l’aumento di 1,5 gradi potrebbe essere raggiunto già nel 2030, tra dodici anni. A questo ritmo a fine secolo l’aumento raggiungerebbe almeno i 3 gradi, se non oltre.

    Le conseguenze sarebbero disastrose per gli esseri viventi e per la sopravvivenza stessa del pianeta. Con lo scioglimento dei ghiacciai e l’innalzamento dei mari, aumenterebbero frequenza e intensità dei fenomeni atmosferici violenti, come inondazioni, uragani e tsunami.

    “Gli scienziati avrebbero voluto scrivere a caratteri cubitali: ‘Agite ora, idioti’, ma devono dirlo con dati e tabelle”, ha commentato Kaisa Kosonen di Greenpeace, presente ai negoziati.

    Gli Accordi di Parigi, così osteggiati da Donald Trump e snobbati dalla Cina di Xi Jinping che non cresce più quanto prima, appaiono già superati.

    Se la temperatura dovesse salire di un grado e mezzo verrebbero distrutti gli ecosistemi più fragili, come quelli costieri o del Pacifico, e se aumentasse ancora le barriere coralline sparirebbero, mettendo a rischio siccità e inondazioni oltre 430 milioni di persone.

    Nel rapporto i ricercatori offrono delle soluzioni, delle misure che i governi dovrebbero mettere in campo per evitare il peggio, ma che loro stessi definiscono “uno sforzo di riconversione così radicale che non ha precedenti nella storia dell’uomo”.

    Quattro le linee guida individuate: il risparmio energetico per una riduzione dell’emissione di anidride carbonica del 45 per cento entro il 2030, un progressivo abbandono delle fonti fossili a favore di quelle rinnovabili che dovranno raggiungere il 70-85 per cento del fabbisogno globale entro il 2030, lo sviluppo di tecnologie in grado di stoccare il carbonio in grandi quantità, la sostenibilità ambientale di tutto il ciclo produttivo anche attraverso l’abbandono del carbone come fonte di energia.

    Alcuni paesi avrebbero avversato i risultati del rapporto prima che si giungesse a un accordo su un testo condiviso. Polonia, Australia e Giappone si sarebbero opposti all’obiettivo incentrato sul carbone, mentre l’Arabia Saudita ha contestato le conclusioni scientifiche alla base del documento.

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