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    Calenda, Macron e il fronte europeista in cui nessuno vuole allearsi con nessuno

    Carlo Calenda

    Calenda chiude a Leu e Forza Italia, Macron è perplesso sull'alleanza centrista con l'ALDE e Ciudadanos: il fronte europeista invocato da più parti rischia di trasformarsi in una scatola vuota. Ecco perché

    Di Luca Serafini
    Pubblicato il 22 Gen. 2019 alle 10:07 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 01:29

    Il manifesto europeista lanciato da Carlo Calenda ha raccolto quasi 90mila adesioni tra politica e società civile: un risultato ragguardevole, raggiunto in soli tre giorni.

    L’ex ministro dello Sviluppo economico sembra aver riempito un vuoto, tratteggiando i contorni di un progetto unitario in chiave anti-sovranista in cui molti, forse, tacitamente speravano.

    L’entusiasmo contagioso aveva portato qualcuno a spingersi oltre, e a prefigurare un listone con dentro tutte le forze moderate ed europeiste: PD e +Europa, certo, ma anche Forza Italia e Leu.

    Subito sono arrivati i distinguo di Calenda: “Il mio manifesto europeista non è un’ammucchiata. No a Leu e Forza Italia”. Se il niet ai berluscones era prevedibile, sbarrare la porta a i fuoriusciti dal PD è sembrato a molti eccessivo, primo fra tutti il principale candidato alla segreteria del PD, Nicola Zingaretti.

    Calenda, forse, considera quel tipo di sinistra un compagno di viaggio troppo scomodo,troppo critico con l’Europa e le sue istituzioni, espressione di una cultura rosso-bruna speculare a quella dei sovranisti di destra.

    Fatto sta che, come ha fatto notare sul Corriere della Sera Aldo Cazzullo, un fronte aperto senza i moderati di centrodestra e la sinistra rischia di essere una mera riedizione dell’alleanza dello scorso 4 marzo tra PD e +Europa, con quest’ultima che peraltro potrebbe non voler rinunciare al simbolo (alle europee potrebbe infatti ottenere un ottimo risultato, essendo nato come partito dichiaratamente europeista).

    Restano Pizzarotti e un’ipotetica alleanza civica dei sindaci, cementata dall’opposizione al Decreto sicurezza e alle politiche di Salvini sull’immigrazione, ma può bastare?

    Le difficoltà di costruire una casa comune europeista, in Italia, rispecchiano quelle a cui si assiste in queste ore in tutta Europa.

    Il problema principale è uno: nessuno vuole veramente allearsi con nessuno, perché quasi tutti sono percepiti come alleati scomodi.

    Emmanuel Macron, ad esempio, come avevamo spiegato in questo articolo, è ormai percepito come espressione di un modello da cui distaccarsi dai principali partiti europei di centrosinistra.

    Nell’ultimo congresso del PSE, tenutosi lo scorso dicembre a Lisbona, la linea è stata espressa in maniera chiara: per essere attrattivi alle elezioni europee bisogna presentarsi come alternativi alle politiche turbo-liberali del presidente francese.

    Quest’ultimo, dal canto suo, fatica a costruire anche un’alleanza centrista. Come riporta Politico.eu, negli ultimi tempi si è raffreddata l’ipotesi di una coalizione tra En Marche! e l’Alleanza dei Democratici e dei Liberali e per l’Europa (ALDE), il gruppo politico dei liberali europeisti.

    Il motivo? Dopo la crisi innescata dai gilet gialli c’è chi, nell’ALDE, considera Macron un presidente troppo debole, mentre Macron stesso ora ha dei dubbi sull’opportunità di affiliarsi a un partito  liberista e pro-globalizzazione.

    Lo Zeitgeist suggerisce un approccio più prudente, europeista sì ma con spirito critico, attento alle istanze sociali che del resto in Francia, di recente, sono esplose.

    Un esponente di En Marche! ha detto a Politico che il partito non è nella posizione migliore per promuovere un’alleanza con i liberali, parola considerata tossica nella Francia di oggi.

    Macron, insomma, dopo aver firmato un memorandum d’intesa con l’ALDE basato su una serie di principi comuni da perseguire in Europa, tra cui la promozione del libero mercato e dei diritti civili, ora sta prendendo tempo.

    Un’alleanza centrista, sulla carta, dovrebbe includere anche gli spagnoli di Ciudadanos, ma anche su questo i dubbi del gruppo dirigente di En Marche! non mancano.

    Il problema di un ipotetico fronte europeista, in Italia come in Europa, è che non può essere costruito come forza appiattita su una retorica pro-Ue del tutto acritica, e percepita come prona all’establishment comunitario o peggio, alle élite finanziarie globali.

    Ma, come si suol dire in questi casi, nel variegato fronte dei partiti moderati ed europeisti “il più pulito c’ha la rogna”. Il PD esce da una fase politica che, senza un cambio di marcia, rischia addirittura di portarlo all’estinzione. Forza Italia e Berlusconi sono troppo compromessi per svariati motivi (oltre che quasi irrilevanti da un punto di vista numerico).

    Macron, inizialmente percepito come l’uomo del rilancio di un progetto liberale, europeista e di società aperta, oggi è in crisi nera, ai minimi storici di popolarità, travolto dalle proteste dei gilet gialli.

    L’ALDE è l’incarnazione di quei valori sposati troppo acriticamente dai moderati negli ultimi anni, e che hanno portato all’avanzata trionfale dei populisti.

    In questo complesso mosaico, il paradosso è quello di invocare dei grandi contenitori che, in realtà, alla fine si riveleranno scatole vuote.

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