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    Brexit, come siamo arrivati alla bocciatura dell’accordo con l’Ue

    Di Futura D'Aprile
    Pubblicato il 16 Gen. 2019 alle 10:20 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 20:03

    Il 15 gennaio 2019 la Camera dei comuni ha bocciato l’accordo sulla Brexit tra il governo May e l’Unione europea, aprendo ad una pesante crisi politica a Londra.

    Come siamo arrivati fino a qui? Ce lo spiega la videoscheda a cura di Next New Media.

    Dopo la vittoria alle elezione Ue nel 2014 degli euroscettici, a Londra un anno dopo nasce un governo conservatore che, pensando di contare sull’appoggio dei cittadini, indice un referendum sull’uscita dall’Unione.

    Il Leave però vince con il 52 per cento, il premier Cameron si dimette e May diventa nuovo capo del governo: iniziano le negoziazioni con la Commissione per il divorzio da Bruxelles.

    A novembre 2018 il governo approva l’accordo finale, che ottiene il Sì dei capi di Stato Ue. La minoranza dei Tory però cerca di sfiduciare la premier, che resiste alla mozione e prosegue nel suo percorso verso l’approvazione della Brexit. Il 15 gennaio 2019 però arriva il No dalla Camera dei Comuni.

    Cosa succede dopo la bocciatura dell’accordo

    L’accordo tra il governo May e l’Ue non ha convinto la Camera dei comuni, che con 432 voti contrari ha bocciato l’intesa per l’uscita di Londra dall’Unione.

    La premier ha dovuto affrontare il No dell’opposizione e della parte più radicale del suo stesso partito, i Tory.

    Adesso Theresa May ha solo tre giorni per presentare un piano B alla Camera dei comuni. Poco prima del voto, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e quello della Commissione Jean-Claude Juncker avevano ricordato in una lettera indirizzata alla premier che potrà essere trovato un nuovo accordo entro il 31 dicembre 2020 per evitare le conseguenze più nefaste.

    Adesso si attende di capire se la May rassegnerà o meno le dimissioni o come si concluderà la mozione di sfiducia presentata dall’opposizione. Uno degli scenari possibili è la creazione di un nuovo governo Tory, o addirittura nuove elezioni, come richiesto dal partito dei Labour.

    Se il voto di sfiducia dovesse passare facendo cadere la May il nuovo esecutivo dovrebbe nascere entro 14 giorni: se nessun partito o coalizione riuscisse a formare un governo ed ottenere la fiducia della House of Commons, allora si andrebbe verso lo scioglimento della Camera e il voto con elezioni anticipate.

    In caso di dimissioni del governo, il Regno Unito potrebbe chiedere una proroga dell’entrata in vigore della Brexit, dal 29 marzo alla prossima estate, facendo appello alla proroga contenuta nell’articolo 50. Per fare ciò è però necessario richiesta formale del Regno Unito e l’appoggio all’unanimità dei 27 stati membri.

    A quel punto Londra avrebbe due anni per negoziare l’uscita dall’Ue.

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