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    Il Brasile nel caos dopo l’impeachment a Dilma Rousseff

    Dopo che la presidente è stata rimossa dall'incarico si sono verificati scontri nelle città del paese e alcuni paesi sudamericani hanno ritirato i propri ambasciatori

    Di TPI
    Pubblicato il 1 Set. 2016 alle 12:28 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 20:31

    Manifestazioni violente sono scoppiate in Brasile nelle principali città del paese dopo il voto di impeachment del Senato che mercoledì 31 agosto ha rimosso dalla carica di presidente Dilma Rousseff.

    Durante la notte si sono verificati scontri tra i sostenitori dell’ex presidente e la polizia in tenuta antisommossa, che ha lanciato gas lacrimogeni per disperdere la folla nelle strade. Le immagini diffuse dalle televisioni hanno ripreso alcuni manifestanti mentre spaccavano finestre e vetrine e incendiavano cassonetti nel centro di San Paolo.

    Immediate anche le conseguenze diplomatiche della deposizione di Rousseff. Venezuela, Ecuador e Bolivia – tutti paesi governati da leader di sinistra considerati vicini alla Rousseff – hanno richiamato i loro ambasciatori in segno di protesta contro quello che hanno definito “un colpo di stato”.

    Il voto di impeachment ha messo fine a mesi di incertezza politica in Brasile. L’ex presidente Dilma Rousseff è stata rimossa dalla carica per aver falsato i conti pubblici. A succedergli è stato il vice presidente Michel Temer, di orientamento politico opposto alla ex guerrigliera marxista e leader del Partito del Lavoratori.

    Tuttavia il voto di ieri non ha risolto i problemi della nazione. Il nuovo presidente, in carica ad interim già da maggio, in tre mesi non ha conquistato l’elettorato brasiliano, ma anzi con alcune nomine di politici accusati di corruzione o di appartenere alle vecchie elite ha dato l’impressione di non voler rappresentare una forza di rinnovamento.

    L’economia brasiliana è prevista in recessione per il secondo anno consecutivo. Temer ha promesso di risollevare il paese attraverso una serie di riforme considerate un taboo nei tredici anni di governo del Partito dei lavoratori, come tagli alla spesa pubblica e alle pensioni.

    Secondo diversi sondaggi, i brasiliani preferirebbero risolvere la crisi politica attraverso nuove elezioni, ma perché questo accada, sarebbe necessario un voto di sfiducia parlamentare o le dimissioni volontarie di Temer, due cose che al momento sembrano poco probabili.

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