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    Quasi la metà delle aziende Usa più ricche del 2017 sono state fondate da immigrati

    Credit: Afp

    Ben 216 tra le 500 maggiori aziende statunitensi sono state fondate da immigrati di prima o seconda generazione. Apple, Google e Netflix le più note e ricche

    Di Giuseppe Loris Ienco
    Pubblicato il 9 Dic. 2017 alle 15:26 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 00:29

    Ogni anno la rivista di economia e finanza “Fortune” pubblica la lista delle 500 maggiori aziende statunitensi sulla base del loro fatturato nell’arco degli ultimi 12 mesi.

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    Dal 1955 la classifica Fortune 500 fa il punto della situazione sulle società più ricche attive nel paese, ma mai come quest’anno aveva assunto un ruolo simbolico nel sottolineare l’importanza del contributo degli immigrati nella storia degli Stati Uniti.

    Secondo una ricerca del Center for American Entrepreneurship, infatti, ben il 43 per cento delle compagnie incluse nella lista del 2017 sono state fondate da immigrati di prima o seconda generazione.

    Nel gruppo delle 216 aziende ci sono alcuni colossi industriali come Pepsi, Colgate e l’azienda chimica DuPont, fondate da cittadini europei sbarcati in America tra il ventesimo e il ventunesimo secolo.

    La percentuale è ancora più alta per quanto riguarda il settore dell’informatica e dell’hi-tech, con il 45 per cento delle aziende incluse nella lista di “Fortune” a essere nate per volontà di stranieri o figli di stranieri.

    Il fondatore di Apple, Steve Jobs, era figlio di un siriano e fu adottato dalla famiglia Jobs di Mountain View.

    Sergey Brin, che insieme a Larry Page ha dato vita a Google 20 anni fa, è nato in Russia ma vive negli Usa da quando aveva sei anni.

    Marc Randolph, uno dei fondatori del gigante dello streaming on demand Netflix, è figlio di un immigrato austriaco.

    Le aziende della lista Fortune 500 fondate da immigrati di prima o seconda generazione, come dimostrano i numeri forniti dal Center for American Entrepreneurship, danno lavoro a quasi 13 milioni di persone in tutto il mondo e nel 2016 hanno raggiunto fatturati da record, con ben 5,3 trilioni di dollari entrati nelle loro casse.

    Secondo i titolari dello studio, “i risultati sono eclatanti e dovrebbero essere considerati con attenzione dai legislatori ancora impegnati nel dibattito sui cosiddetti Dreamers – gli immigrati irregolari entrati negli Stati Uniti da bambini seguendo i propri genitori – e più in generale sulle politiche di migrazione nel paese”.

    Come si legge nel comunicato stampa, “I dati che emergono dall’analisi dimostrano la notevole e persistente importanza degli immigrati per la creazione e la crescita delle società più importanti e di maggior successo negli Stati Uniti”.

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