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    Asilo in Australia

    Il naufragio di una nave di migranti rilancia il dibattito circa la politica australiana sui richiedenti asilo

    Di Laura Lisanti
    Pubblicato il 24 Lug. 2013 alle 14:42 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:42

    Un’imbarcazione che trasportava circa 200 migranti diretti in Australia è affondata al largo dell’isola di Java, in Indonesia. Al momento sono 4 le morti confermate. L’incidente si inserisce nel dibattito in corso sulla nuova e controversa politica australiana per i richiedenti asilo.

    Il naufragio, avvenuto martedì notte, coinvolge passeggeri provenienti dall’Iraq, dallo Sri Lanka e dalla Siria. Il numero esatto dei dispersi è ancora sconosciuto. Ci sono due bambini tra le vittime, mentre per ora sono 157 i presunti richiedenti asilo salvati dai soccorritori. Alcuni pescatori avevano avvistato uomini, donne e bambini che nuotavano verso la costa di Cidaun, città nell’est dell’isola. Le ricerche in mare continuano.

    Secondo il primo ministro australiano Kevin Rudd questa è l’ennesima tragedia che sottolinea il bisogno di cambiare la politica per i rifugiati in Australia. “Il governo deve inviare un messaggio chiaro ai trafficanti di esseri umani. Devono smetterla di spedire barche piene di persone in Australia” ha aggiunto durante una conferenza stampa a Melbourne questa mattina.

    Un’altra imbarcazione che trasportava 38 richiedenti asilo era stata fermata presso l’Isola di Natale, nei giorni scorsi. Nel 2013 218 imbarcazioni hanno tentato di raggiungere le coste australiane trasportando circa 15.182 passeggeri, secondo i dati forniti dal Dipartimento Australiano per l’Immigrazione.

    La revisione della politica di trattamento di migranti, rifugiati e richiedenti asilo in Australia è stata annunciata la scorsa settimana, dopo l’intesa raggiunta tra il premier australiano Kevin Rudd e il primo ministro della Papua Nuova Guinea Peter O’Neill per fermare il flusso di migranti provenienti dall’Indonesia.

    L’accordo prevede il trasferimento dei passeggeri provenienti dai barconi in alto mare e diretti verso l’Australia verso i centri di accoglienza di Manus Island in Papua Nuova Guinea o verso gli altri Paesi del Pacifico. Non c’è un limite massimo alle persone che possono essere rinviate. Secondo il Consiglio Australiano per i Rifugiati, la nuova disposizione renderà più difficoltosi gli sforzi per la protezione dei rifugiati ed esporrà i più deboli al pericolo di ritornare nel loro Paese di provenienza.

    I gruppi politici a sostegno dei diritti umani hanno criticato il governo australiano, affermando che il provvedimento non è altro che un modo per scaricare i problemi dei rifugiati su uno Stato in via di sviluppo come la Papua Nuova Guinea che ha già molte difficoltà interne.

    Alcuni politici della Papua Nuova Guinea temono che la nuova politica australiana possa causare tensioni sull’isola, mentre l’Australia ha promesso investimenti nel Paese in cambio dell’accoglienza dei migranti.

    Intanto il ministro australiano per l’Immigrazione Tony Burke sarà in viaggio nelle prossime settimane a Manus Island per indagare sugli abusi e i maltrattamenti avvenuti nel centro d’accoglienza. L’ex capo della sicurezza del centro Rod St George ha denunciato episodi di violenza, tentato suicidio e autolesionismo tra gli ospiti del centro.

    La politica per la richiesta d’asilo sarà una questione determinante per il risultato delle elezioni australiane, previste prima del 30 novembre 2013.

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