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    L’app che consente agli iraniani di identificare i posti di blocco della polizia religiosa

    Si chiama Gershad e offre a uomini, e soprattutto donne, la possibilità di aggirare la polizia morale che vigila sul rispetto del codice di abbigliamento islamico

    Di TPI
    Pubblicato il 19 Feb. 2016 alle 14:20 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 18:06

    Si chiama Gershad la nuova applicazione per smartphone messa a punto da un gruppo di sviluppatori iraniani con lo scopo di aiutare gli utenti a identificare e quindi evitare i posti di blocco della polizia religiosa in Iran.

    Il nome scelto non è altro che un gioco di parole, visto che si riferisce alla cosiddetta Gasht-e-Ershad ossia la polizia morale iraniana. 

    L’app è stata lanciata su Google Play il 9 febbraio 2016 e ha riscosso ampio successo fra gli utenti iraniani. I suoi server sono stati sommersi da richieste, secondo quanto ha riferito ai media locali uno dei suoi creatori. 

    Per il momento Gershad funziona solo su dispositivi Android. Una volta scaricata, l’app permette agli utenti la possibilità di visualizzare su una mappa della città di Teheran i posti di blocco della polizia morale iraniana, permettendo così ai potenziali obiettivi di evitare le aree della città più a rischio. 


    A poche ore dalla sua uscita, più di mille persone avevano già scaricato l’app. Ma Gershad ha avuto vita breve. Ventiquattro ore dopo il suo lancio, le autorità iraniane hanno bloccato l’accesso. “Stiamo lavorando affinché sia possibile ripristinare la funzionalità dell’app on line”, ha detto uno degli autori a IranWire

    Infatti, subito dopo il blocco, gli sviluppatori hanno aggirato la censura attraverso l’impiego del software Psiphon.

    L’app, almeno sulla carta, vuole offrire a tutti gli utenti la possibilità di aggirare la famigerata polizia religiosa iraniana, un ramo delle forze di sicurezza che dipende dal ministero degli Interni rivoluzionario ed è controllato dalle Guardie della Rivoluzione, generalmente composto da uomini in divisa e assistenti femminili con indosso il tradizionale chador.

    Il loro compito è quello di vigilare sul rispetto del codice di abbigliamento islamico. 

    A farne le spese sono soprattutto le donne, che spesso indossano colorati hijab lasciando scoperta qualche ciocca di capelli oppure fasciando il corpo con manteau più corti rispetto alla lunghezza consentita. Un abbigliamento simile viene giudicato inadeguato dalla polizia religiosa, che pattuglia ogni giorno gli angoli più trafficati di Teheran, con i suoi 17 milioni di abitanti. 

    Talvolta le assistenti in chador portano le donne fermate nelle stazioni di polizia, dove subiscono le lezioni su come essere cittadine migliori. Nella maggior parte dei casi vengono rilasciate lo stesso giorno. 

    Media conservatori e diversi leader religiosi si sono spesso lamentati con i funzionari del governo affinché ci si impegni a far rispettare gli ideali di “moralità pubblica” in Iran. Hanno spesso incitato i gruppi radicali per far rispettare le norme, imponendo il rispetto della legge morale islamica sui cittadini. 

    Secondo un portavoce della polizia iraniana, Saeed Montazer al-Mahdi, nel corso del 2014 sono state almeno 207mila le donne fermate con l’accusa di non rispettare il codice di abbigliamento, di cui 18 mila sono state segnalate alla magistratura. 

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