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    Abusi su entrambi i fronti

    Human rights watch condanna gli abusi compiuti nella provincia irachena di Anbar sia dal governo che dagli insorti

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 10 Gen. 2014 alle 09:25 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 20:12

    Gli attivisti di Human Rights Watch hanno denunciato nel loro ultimo rapporto gli abusi compiuti in Iraq nella provincia di Anbar da entrambe le parti del conflitto. Non solo i ribelli di al-Qaeda, ma anche le truppe governative avrebbero infatti violato le norme di diritto internazionale, mietendo vittime civili tra la popolazione.

    Sulla base di numerose interviste e resoconti da parte dei residenti locali, Human Rights Watch ha dichiarato che le forze di sicurezza governative avrebbero risposto agli attacchi da parte di gruppi armati di al-Qaeda nella notte del 1 gennaio 2014, attaccando anche aree residenziali, in alcuni casi senza alcuna apparente presenza di ribelli sul posto. Le truppe hanno poi circondato le città di Falluja e Ramadi, preparandosi a lanciare un massiccio assalto nei confronti di militanti legati ad al-Qaeda.

    A Falluja l’esercito ha chiuso i principali posti di blocco, rifiutando di far entrare o uscire dalla città persone, medicine o cibo in corrispondenza dei checkpoint. I residenti hanno detto che le forze di sicurezza hanno consentito alle famiglie con bambini di lasciare la città attraverso gli altri due posti di blocco rimasti aperti, ma solo con “estrema difficoltà “, e a partire dall’8 gennaio hanno rifiutato di far uscire uomini che viaggiavano da soli.

    “Il governo deve urgentemente affrontare la minaccia di al-Qaeda, ma uccidere i propri cittadini illegalmente non è il modo giusto per farlo”, ha detto Sarah Leah Whitson, direttore regionale Human Rights Watch.

    I militanti sunniti alleati dello Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (Siis), organizzazione islamica legata ad al-Qaeda, insieme a tribù armate ostili al governo hanno invaso Falluja la scorsa settimana dopo gli scontri innescati da un raid sui campi di protesta nella città e nella capitale della provincia, Ramadi.

    Il tentativo del primo ministro di ripristinare il controllo delle due città a maggioranza sunnita è stato visto da molti sunniti come un tentativo di dominio e oppressione, e secondo alcuni sta portando l’Iraq sull’orlo di una guerra civile religiosa.

    Due giorni fa il rappresentante speciale delle Nazioni Unite in Iraq ha fatto sapere che le risorse di cibo e acqua della regione stanno iniziando a scarseggiare e che è probabile che la situazione umanitaria continui a peggiorare con la prosecuzione delle operazioni.

    Secondo una valutazione preliminare delle Nazioni Unite, più di 5mila famiglie hanno cercato rifugio nelle vicine province di Karbala, Salahuddin e Baghdad, ma Mohammed al-Khuzaie, ufficiale della Mezzaluna Rossa irachena, ha detto che ben 13mila famiglie sono fuggite finora, e che a più di 8mila famiglie è stata fornita assistenza umanitaria.

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