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    Parla finalmente la coscienza di Tria. E crollano le balle del Governo

    Giovanni Tria, ministro dell'Economia. Credit: Afp/Michele Spatari/NurPhoto

    Il ministro ha deciso che non rimarrà zitto a guardare e non si farà abbindolare dall’accondiscendenza del premier Conte: vuole giocare la partita e se la vuole giocare fino in fondo infischiandosene di piacere ai due vice Salvini e Di Maio. Il commento di Giulio Cavalli

    Di Giulio Cavalli
    Pubblicato il 27 Feb. 2019 alle 17:09 Aggiornato il 18 Apr. 2019 alle 09:48

    Deve essere difficile fare il Tria. Deve essere soprattutto difficile farlo da ministro indesiderato imposto dal presidente della Repubblica Mattarella, visto che è questa l’etichetta che gli è stata attaccata addosso e difficilmente ormai riuscirà a scrollarsela in un governo in cui tutto ciò che è istituzione è vissuto come acerrimo nemico.

    Eppure tutte le frasi che ieri il ministro dell’Economia ha rivolto ai due vicepremier (e, attenzione, si tratta qualcosa di più di semplici indiscrezioni) sono un barlume di buon senso in un caos governativo che si arrotola solo sulla propaganda.

    “Ma così non si può andare avanti. Voi pensate che il problema è la Tav. Certamente lo è, ma non il solo. È tutto bloccato, fermo!”. “Guardate che loro vi hanno già abbandonato”, ha detto il ministro Tria, riferendosi agli imprenditori, gli uomini della finanza ma anche e soprattutto al cosiddetto popolo, ovvero gli artigiani e i commercianti. Il Paese reale, per dirla come piace tanto proprio ai vicepremier.

    “Anche il reddito di cittadinanza sta diventando un pasticcio gigante”, dice Tria e anche su questo non ha tutti i torti: mentre le entrate fiscali languono e il Paese è fermo servirebbe una narrazione già convincente (e soprattutto già convinta) da parte della Lega per riuscire a dare il giusto peso politico alla manovra del reddito di cittadinanza.

    L’Italia è allo stremo. Che abbia centellinato le sue presenze televisive non significa che il ministro Tria abbia intenzione di rimanere nelle retrovie, tutt’altro. Le bordate che ha tirato al Governo (non solo sulla questione Tav come hanno semplificato in molti) sono figlie di una pazienza che è ormai finita. Anche perché per capire la questione non basta essere dei fini economisti: il 2,04 per cento chiesto (con gran fatica) e ottenuto dal’Europa non basta.

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    Sarà necessario rimettere mano ai conti (benché la cosa faccia arrabbiare Di Maio che risponde con piglio da adolescente) e le soluzioni sul tavolo non sono molte: o si fa una mini manovra correttiva (sì, sì, avete capito bene, proprio quella che tutti in questo periodo accorrono a smentire) oppure bisognerà fare aumentare l’Iva. Fatto che farebbe entrare di diritto questo governo nella top ten dei governi più impopolari della storia (e figurarsi se Salvini si farebbe mettere il cappio al collo in un’occasione del genere piuttosto che far crollare tutto il castello).

    E quindi? E quindi l’unica soluzione possibile è sforbiciare il reddito di cittadinanza (leghisti e industriali del nord farebbero salti di gioia) e allo stesso tempo contribuire a un’ulteriore messa all’angolo di Di Maio e compagnia.

    Il ministro, professore di Tor Vergata, questa volta ha deciso che non rimarrà zitto a guardare e non si farà abbindolare dall’accondiscendenza di Giuseppe Conte: vuole giocare la partita e se la vuole giocare fino in fondo infischiandosene di piacere ai due vicepremier.

    In più c’è la grana del suo capo legislativo (e uomo di fiducia) Gerardo Mastrandrea, accusato da più fronti di essere incompatibile con il ruolo. Per questo dal Partito democratico fanno sapere che “Tria deve spiegare se ritiene il suo incarico compatibile con quello di giudice sportivo a Milano perché la sua nomina ha un carattere strettamente fiduciario, e le sue decisioni potrebbero non tutte ricadere in quella ‘piena libertà di indipendenza e giudizio’ che ritiene la legge. Il calcio muove interessi enormi”.

    Di Maio può puntare i piedi quanto vuole, ma il ministro sa bene di avere le spalle coperte dalla Lega e gli ultimi risultati lo fanno sentire ancora già al sicuro. Almeno che Di Maio non abbia in testa di sostituirlo. E vedendo la qualità dei ministri dei 5 Stelle vengono i brividi solo a pensarlo.

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