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    Rapporto OCSE sul prezzo della guerra: nel 2023 persi quasi 3 trilioni di dollari

    Di Piera Rocco
    Pubblicato il 26 Set. 2022 alle 15:50

    Mentre l’Italia si sveglia con un nuovo governo, dagli uffici parigini dell’OCSE esce un nuovo rapporto intitolato “Il prezzo della guerra” che analizza l’impatto del conflitto in Ucraina sull’economia globale.

    Secondo le proiezioni i redditi globali nel 2023 saranno inferiori di 2.8 trillioni di dollari rispetto alle previsioni anteriori alla guerra. Negli USA e in Europa la crescita del PIL il prossimo anno potrebbe fermarsi rispettivamente allo 0,5% e allo 0,25%, ancora più duro il pronostico per il Regno Unito, allo 0%. Sarebbe a rischio anche la sicurezza alimentare, rischio esacerbato dagli eventi climatici estremi. La Russia invece, secondo l’OCSE, vedrà diminuire il suo PIL del 4,5%.

    Nonostante un’inflazione più mitigata (per l’Italia l’OSCE prevede il 4% nel 2023), con la crisi energetica, che si annuncia durare “” , continueranno ad erodersi i redditi. Il documento fa presente che la guerra si è aggiunta a tendenze inflazionistiche già presenti prima della guerra. Si aggiungeranno i tempestivi tagli dell’energia e i blocchi delle catene di rifornimento, causando sussulti da parte dell’offerta e così alimentando le fiammate dei prezzi. Il rapporto riconosce che “la proposta di un tetto massimo a livello europeo sui prezzi pagati ai produttori di energia elettrica a basso costo (rinnovabili e nucleare) e un’eventuale tassa aggiuntiva sui profitti imprevisti dei produttori di combustibili fossili potrebbero fornire alcune risorse aggiuntive ai Paesi che attualmente non impongono tali prelievi, ma non è stata incorporata nelle proiezioni”.

    “Gli indicatori delle indagini sulle imprese indicano una stagnazione della produzione in molte economie,” – prosegue il documento – “mentre la fiducia dei consumatori è scesa a livelli sorprendentemente bassi nella maggior parte delle economie avanzate”. Di fronte a questo cupo scenario l’organizzazione pena a dare indicazioni ai governi, la cui autorità è intaccata su due fronti inconciliabili secondo l’economia liberale: l’inflazione e la disoccupazione. Il sostegno alle famiglie, secondo gli economisti, sarebbe una misura da usare con cautela, sicuramente non con generosità: “Le azioni a breve termine per preservare il livello di vita devono essere bilanciate con la necessità di evitare un ulteriore stimolo persistente in un periodo di inflazione elevata. Un’attenta rivalutazione della composizione della spesa pubblica e della tassazione aiuterebbe anche a preservare gli investimenti per migliorare le infrastrutture e la sicurezza energetica mentre si ricostruiscono i buffer fiscali”.

    Salato, quindi, il prezzo di una guerra la cui fine sembra più lontana che mai. Un prezzo che dovrà essere preso in conto dalla prossima legge di bilancio.

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