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    Il viceministro Misiani: “Quota 100 resta fino al 2021”

    Il viceministro dell'Economia Antonio Misiani. Credit: ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI
    Di Giovanni Macchi
    Pubblicato il 16 Ott. 2019 alle 16:10

    “Quota 100 resta invariata, costa meno del previsto, ma non verrà rinnovata nel 2021. Dialogheremo con per le parti sociali per costruire un sistema diverso, più equo, sostenibile, di flessibilizzazione dell’età di pensionamento”. Lo ha detto il viceministro dell’Economia, Antonio Misiani, intervistato durante il programma tv Uno Mattina, in onda su RaiUno.

    Misiani parla all’indomani del varo del Documento di programmazione economica da parte del Consiglio dei ministri. Il Governo, come previsto, ha confermato Quota 100 per il 2020 e il 2021, ossia fino alla fine della sperimentazione triennale decisa dall’esecutivo M5S-Lega, prevedendo di dismettere la misura a partire dal 2022.

    Non è andato a buon fine, quindi, il pressing esercitato negli ultimi giorni da Matteo Renzi, leader di Italia Viva, che chiedeva l’abolizione in toto del programma di pensionamento anticipato che consente di uscire dal mercato del lavoro con almeno 62 anni d’età e 38 di contributi versati.

    Secondo Renzi, Quota 100 “è pensata solo per chi ha già diritti”. “Togliere quella misura per destinare i soldi alle famiglie e allo stipendio dei lavoratori sarebbe giusto. E molto utile. Via Quota 100, più risorse ai figli e ai salari”, ha più volte sottolineato il leader di Italia Viva negli ultimi giorni.

    La decisione di non modificare Quota 100 “è stata dettata dalla logica di non spiazzare persone che avevano legittimamente costruito un’aspettativa di vita e che avrebbero subito un cambio repentino dopo un solo anno dall’entrata in vigore”, ha spiegato il ministro della Salute, Roberto Speranza. Il principio, ha specificato, “è stato quello di voler dare stabilità a una misura sulle pensioni introdotta solo l’anno passato”.

    Secondo Speranza, “non si può pensare di fare una norma, stravolgerla e poi stravolgerla di nuovo. Quando si fa una norma bisogna considerare un elemento di responsabilità nei confronti di quelle persone che su quella norma hanno costruito un’aspettativa di vita”. E’ anche, ha concluso Speranza, “una questione di serietà dello Stato”.

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