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    Nuovo Dpcm, chiusi palestre, piscine e teatri: come ottenere il rimborso

    Di Antonio Scali
    Pubblicato il 25 Ott. 2020 alle 18:10

    Tra le norme contenute nel nuovo Dpcm in vigore in Italia dal 26 ottobre 2020 c’è la chiusura di palestre, piscine, ma anche cinema e teatri. Misure restrittive divenute necessarie dopo l’impennata di contagi nel Paese. Una situazione di semi-lockdown che spinge molte persone a chiedersi che sarà degli abbonamenti che hanno in vigore. Come è possibile ottenere il rimborso? Scopriamolo insieme.

    A marzo e aprile fu necessario mettere in piedi persino una norma contenuta nel Decreto Rilancio per ottenere — per chi ci è riuscito — un rimborso del servizio non goduto. Fino al 18 agosto era possibile fare domanda, visto che si prevedeva che gli abbonamenti già pagati per “ogni tipo” di impianto sportivo venissero rimborsati in quanto non goduti durante il periodo di chiusura per la quarantena. Per farlo è stato necessario allegare la ricevuta dei versamenti dei pagamenti effettuati. Il rimborso, come riporta il Corriere della Sera, andrà pertanto chiesto al gestore dell’impianto che avrà tempo 30 giorni per restituire la cifra pagata o può offrire un buono dello stesso valore da spendere in quella struttura “entro un anno dalla cessazione delle misure di sospensione dell’attività sportiva”.

    Ma secondo diverse associazioni dei consumatori anche la disciplina dei voucher sarebbe in contrasto con la normativa Ue. Se è vero che le leggi in regime d’emergenza consentono l’utilizzo del voucher, va detto altresì che questi provvedimenti “sono in aperto contrasto col diritto europeo, che ha valore superiore al diritto italiano”. Per quanto riguarda i viaggi, “c’è anche una pronuncia dell’Antitrust che intima il riallineamento alla normativa europea e una intimazione della commissione Ue pena l’avvio di una procedura d’infrazione”. “In tutto il resto d’Europa – dice l’Aduc, come riporta il Corriere – i biglietti per gli eventi saltati vengono rimborsati, solo l’Italia cerca di fare caso a parte violando le direttive europee in materia di clausole vessatorie (Direttiva 93/13/CEE) e di pratiche commerciali sleali (Direttiva 2005/29/CE)”. Le associazioni dei consumatori hanno chiesto più volte che il voucher sia una scelta dello spettatore, il quale, se non lo vuole, dovrebbe avere diritto al rimborso del biglietto.

    Se invece non si vuole più tornare in palestra, bisogna aprire un contenzioso. Le associazioni dei consumatori suggeriscono di chiedere il rimborso per il periodo di chiusura o per le restanti rate dell’abbonamento. E se il gestore non accetta, di inviare una raccomandata andata e ritorno o una pec di messa in mora, intimando la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1463 del codice civile. Se entro 10 giorni non si ha alcuna risposta o si ha risposta negativa occorrerà rivolgersi al giudice di pace.

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